“Una grande famiglia” che somiglia troppo a “Brothers & Sisters”
Ci sono delle motivazioni incontrovertibili per cui l’attuale fiction del lunedì sera di Raiuno, “Una grande famiglia”, sbanca puntualmente l’auditel della prima serata, svergognando la megaproduzione di quel “Titanic – Nascita di una leggenda” che, la sera precedente, racimola un bottino assai magro di ascolti.
Saga di tradimenti, segreti, scomparse, truffe e scaramucce in una famiglia di ricchi industriali brianzoli alle prese con la recente crisi economica, la fiction in sei puntate dirette da Riccardo Dilani ricalca sin troppo pedissequamente i punti chiave di un glorioso serial statunitense che, fino a poco tempo fa, catturava una nutrita fetta di pubblico grazie ad una commistione esemplare di family drama, commedia e politica, “Brothers & Sisters”.
Inutile e anche noioso sarebbe elencare l’infinità di punti in comune (per non dire copiati) tra il prodotto made in Italy e il telefilm con Sally Field e Calista Flockhart; tuttavia non stupisce affatto l’entusiastico riscontro degli spettatori.
Difficile, infatti, non lasciarsi soggiogare dal vortice di colpi di scena familiari che l’abile sceneggiatura di Ivan Cotroneo (“Tutti pazzi per amore”) inanella nel corso degli episodi, sebbene la struttura a metà strada tra mistero e divertimento risulti ben più meccanica che nell’irresistibile originale americano: facile immaginare sviluppi stra-ordinari per i Rangoni, immagine di un nord benestante e apparentemente intoccabile, costretto a fronteggiare l’orizzonte degli eventi a suon di liti e riappacificazioni.
Del nutritissimo cast, meglio la generazione di mezzo (Stefania Rocca, Alessandro Gassman, Sonia Bergamasco, Giorgio Marchesi) rispetto alla nuova (Primo Reggiani e la pur gradevole Sarah Felberbaum) e soprattutto a quella dei classici (sia Stefania Sandrelli che Gianni Cavina gigioneggiano a tutto spiano).
Nella ormai certezza, per la prossima stagione televisiva, di assistere ad una “Grande famiglia 2”, speriamo anche di poter trovare qualcosa di più originale.
(Giuseppe D’Errico)
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