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“Troppo amore”, poca fiction e tanto realismo nel film della Cavani

Dopo mille rinvii, dovuti quasi certamente alle difficili tematiche trattate, ha finalmente fatto il suo esordio su Raiuno, ieri sera, il primo dei quattro film del ciclo “Mai per amore”, progetto fortemente voluto dalla casa di produzione “Ciao Ragazzi!” di Claudia Mori, in collaborazione con Rai Fiction, e da Gianna Nannini, autrice della trainante canzone omonima, per sensibilizzare la comunità sulla piaga dilagante della violenza sulle donne.

Si è partiti con “Troppo amore”, diretto da Liliana Cavani, una comune love story che, pian piano, assume le fosche sembianze di una tragedia: Livia (Antonia Liskova) è un’operaia che crede di aver trovato il suo principe azzurro in Umberto (Massimo Poggio), un affascinante professore universitario che la ricopre di mille premure; in realtà l’uomo è un bruto che distruggerà ogni sicurezza dell’inerme malcapitata, costretta a subire soprusi fisici e psicologici.

Per questa volta, onore a mamma Rai, che sceglie di trasmettere, pur con le iniziali titubanze, uno dei prodotti più coraggiosi e socialmente utili dell’intera stagione, rispettando il proprio mandato di servizio pubblico.

Difficilmente qualcuno avrebbe potuto scommettere su una dose di realismo così alta: la sceneggiatura, scritta dalla Cavani con Angelo Pasquini e Roberto Tiraboschi, porta lo spettatore lentamente negli asfissianti meandri del dramma, dapprima presentando i protagonisti nel pieno della favola sentimentale, dunque precipitandoli nel vortice da incubo da cui Livia sembra non trovare scampo.

Una storia perfettamente e tristemente credibile, che porta sugli schermi italiani lo stalking senza sensazionalismi e senza facile demagogia, ma con un’intensità e una crudezza indispensabili per trattare un fenomeno che, ogni anno, fa registrare sempre più vittime.

Risultato notevole tanto più perché, ad interpretare benissimo la coppia di amanti, ci sono due dei volti più amati e rassicuranti del panorama televisivo.

Dalla regista dell’indimenticato “Portiere di notte”, comunque, era arduo attendersi carezze e sviolinate.

E meno male.

 

(Giuseppe D’Errico)

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