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“Transamerica”: Road Movie alla ricerca dell’identità

Fortunato caso cinematografico quello di “Transamerica”, film indipendente e a basso budget, che ha suscitato grande interesse e che ha valso alla protagonista principale, Felicity Huffman, diversi riconoscimenti sia ai Golden Globes che al Festival di Berlino, ed ora è candidata all’Oscar. Strano destino quello di Bree, un transessuale che alla vigilia dell’operazione definitiva per diventare donna, viene sconvolto da una notizia giunta da un’inaspettata telefonata. Scopre infatti di avere un figlio, l’unico ricordo rimasto della sua passata identità, un ragazzo molto problematico che Lei/Lui non vorrebbe conoscere ma che dovrà incontrare pena l’annullamento della sua operazione. Inizia così un viaggio coast to coast, da New York a Los Angeles, tra un (ex) padre e un figlio all’oscuro di tutto. Un road movie che consentirà ai due di instaurare un legame sempre sul filo del rasoio, fino allo svelamento della verità inaccettabile all’inizio, ma che probabilmente darà l’avvio ad un rapporto più equilibrato. Di grande impatto la prova della Huffman, l’integerrima casalinga disperata della fortunata serie tv, che si è sottoposta al più difficile degli allenamenti: assumere gli atteggiamenti, il modo di parlare e di muoversi di un uomo che, a forti dosi di volontà e ormoni, sta imparando ad apparire donna. In questa pellicola non è solo la disforia di genere, negli Usa ancora considerata dagli psichiatri tra le malattie mentali ad essere presa in considerazione, ma è anche il lungo e difficile viaggio nell’accettazione di se stessi e degli altri. Un attraversamento geografico, biologico e spirituale che in questa pellicola diventa strumento di conoscenza e una calzante metafora dei mutevoli codici sociali, verità biologiche e finzioni personali che noi chiamiamo identità. Il regista Duncan Tucker dà vita ad una storia ben strutturata e lo fa con intelligente humor e delicatezza, senza perdersi in zuccherose false morali, con un ritmo che a tratti sa commuovere e a tratti divertire. Interessante anche il modo di coniugare le molteplici tipologie umane all’interno della narrazione: dalla madre asfissiante e bigotta di Bree, Fionnula Flanagan, all’amico pellerossa, Graham Gree, gentile e ben disposto nei confronti dei due viaggiatori. Una variegata umanità che sa far vibrare per intensità emotiva e sapiente caratterizzazione l’intero film.
(Anna Barison)

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