“Roma Fiction Fest”: presentata la miniserie “Ragion di Stato” con Luca Argentero
Eppure c’era curiosità. Quando ad inizio serata, Carlo Freccero e Tinny Andreatta (Direttore Rai Fiction) avevano introdotto i due “prodotti” Rai, “La strada dritta” e “Ragion di Stato”, non si poteva non essere stuzzicati da queste due miniserie così diverse concettualmente, ma ugualmente efficaci. “La strada Dritta”, di cui è stato proiettato in anteprima un promo di sette minuti, qualche speranza di qualità l’ha disseminata: il racconto dell’Italia del “boom economico”, per quanto forse retorico e demagogico, magari può contribuire a liberarci del vittimismo cronico e dell’alibi della crisi, per riappropiarci di quella voglia di fare, di realizzare anche opere mastodontiche, come capitò ai “sognatori” dell’autostrada Milano-Napoli, poi detta “autostrada del sole”.
Diverso il caso della “Ragion di Stato”, proiettato in una versione ridotta da 120’ (su Rai1 andrà in onda in due puntate da 100’) che non lascia spazio a speranze future.
Doveva trattarsi di una spy-story ambientata tra Italia e Afghanistan, sul cui sfondo si consuma una storia d’amore: è sembrato piuttosto un calderone di ammiccamenti al mercato della fiction, celati dietro l’intenzione di raccontare l’attualità. La spy story è la prima promessa mancata: voler raccontare come agiscono i “servizi segreti” nostrani, elidendo dal racconto l’azione (ce n’è davvero poca, speriamo sia finita tutta nella versione integrale), e procedendo senza sforzarsi di sceneggiare efficacemente i personaggi chiave, come i vertici corrotti dei servizi, il basista di turno, traditori e i protagonisti tutti, rende tutto incompleto, effimero. Anche la psicologia dei protagonisti appare, per così dire, estremamente volubile: la storia d’amore tra il troppo bello e troppo poco dannato “Rosso” (un Luca Argentero decisamente appannato), capitano dei servizi segreti, e la bellissima moglie di un crudele trafficante d’armi (mediatore per le trattative di rilascio di ostaggi rapiti dai Talebani), esplode in due scene di sesso, senza che il sentimento abbia avuto occasione di crescere; anzi all’inizio tra i due c’è diffidenza poi, in un attimo, complice la presenza di una bambina malata, che come la madre patisce l’”islamismo estremo” del padre, tra i due scoppia la passione che condurrà all’immancabile happy-end. Insieme a tutto questo, inseguendo la tendenza del momento, quella ipocrita “rincorsa al bacio gay” intrapresa da spot-tv e fiction (Findus e “I Cesaroni”, fra gli altri), gli sceneggiatori hanno pensato bene di inserire una storia lesbo (senza mostrare il sentimento, cosa che forse sarebbe più utile per raccontare l’omosessualità come normalità), tra la migliore amica e collega di “Rosso” e la sua compagna, che non si capisce che ruolo abbia nella storia, se non quello di “presta-labbra”. Tecnicamente il prodotto è meno peggio rispetto al contenuto ed al racconto: la regia di Pontecorvo è discreta, senza infamia nè lode, come pure la fotografia e il livello della recitazione del cast, costituito da attori-artigiani della fiction che non saranno star, ma brillano più del povero Argentero (anche "padrino" della Kermesse), che in altri ruoli è stato sicuramente più a suo agio. In definitiva la miniserie è l’ennesima buona idea abortita, che costringe a rimandare il ripensamento sulle potenzialità di crescita della fiction nostrana.
(Adriano Sgobba)
Libro della settimana
-
“Il manifesto di un eretico”: l’ultimo libro di Brendan O’Neill sulle nuove ortodossie della nostra epoca
Nelle librerie dal 15 maggio per Liberilibri, Il manifesto di un eretico. Saggi sull’indicibile è il nuovo libro del giornalista inglese Brendan O’Neill, caporedattore politico…