Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

                                                                                                             

“Vous n’avez encore rien vu”. L’ultimo film di Alain Resnais proiettato a Villa Medici

Ricacciate indietro l’eco di Hiroshima che, inevitabilmente, il titolo di quest’ultima opera di uno dei più grandi maestri della storia del cinema vi avrà evocato. Siamo infatti qui molto lontani dal capolavoro del ’59 (“Hiroshima mon amour”) e da quell’indimenticabile incipit, amplesso di carne d’incomparabile bellezza che in un agone di parola e di corpi faceva risuonare così intrecciate le voci dei due amanti: “J'ai tout vu à Hiroshima”/ “Non, tu n'as rien vu à Hiroshima”.

Con “Vous n’avez encore rien vu” (2012) l’autore de “L'anno scorso a Marienbad” (L'Année dernière à Marienbad, 1961) , “Notte e nebbia” (Nuit et bruillard, 1955), “Muriel, il tempo di un ritorno” (Muriel, 1963),  “La guerra è finita (La Guerre est finie, 1966), “Je t'aime, je t'aime - Anatomia di un suicidio” (Je t'aime, je t'aime 1968) solo a ricordare alcuni dei suoi titoli più importanti, torna a lavorare su uno dei suoi temi d’elezione: quello della memoria.

E nel cineasta francese “memoria” ha sempre voluto significare “polifonia”. Tutti i suoi personaggi hanno sempre voluto rivelare una tensione insopprimibile verso una “memoria mondiale”, “una memoria a più voci”.

Il film presentato in concorso al festival di Cannes dello scorso anno, trova nell’adattamento libero di due pièces di Jean Anouilh: “Eurydice” e “Cher Antoine”, ancora un’occasione-qui nella forte contaminazione con il teatro- per tornare a esibire l’immagine cinematografica come lavoro della memoria e lavoro sulla memoria. 

Antoine d'Anthac, celebre autore drammaturgico, convoca dopo la sua (presunta) morte tutti gli amici che hanno lavorato per lui, in passato, al suo dramma “Eurydice”. Grandi attori chiamati qui a interpretare, semplicemente, loro stessi; tra questi un tenero Michel Piccoli, fresco di David di Donatello per la sua interpretazione in “Habemus Papam” di Nanni Moretti, che oltre a rappresentare se stesso, il grande attore che sommessamente inizia a recitare come una preghiera le sue attute è anche l’anziano padre di Orfeo. Tutti loro sono chiamati ad assistere, in una misteriosa e bellissima villa, a una proiezione comune della stessa opera da loro portata in scena anni addietro, ora reinterpretata da una giovane troupe. 

Il sasso nelle acque del tempo è pertanto lanciato: i vari circuiti concentrici delle virtualità possibili innescati da questo primo getto originato dall’immediata proiezione nel passato qui riattualizzato nella reinterpretazione di una nuova serie di “Eurydice”, sono destinati a proliferare, cortocircuitare su loro stessi, evolvendosi nelle loro involuzioni.

Niente di nuovo, insomma; si direbbe il solito Resnais dei piani narrativi molteplici e dell’interesse per il funzionamento psichico da cui la sovrapposizione di immagini-ricordo. Niente di nuovo se non la stanchezza, e dispiace contraddire in questo il maestro novantenne quando afferma: ''Non c'e' un collegamento tra questo Vous n'avez encore rien vu e i miei precedenti film, faccio film per me stesso, cercando di non ripetermi. Molti pensano che sia un'opera testamento invece è energia.'' Di vero, in quest’ultima affermazione non c’è forse che una tremenda autoreferenzialità, destinata ad esaurirsi nella ripetizione ossessiva di certi stilemi di regia esasperati da una stucchevole interpretazione dei vari Orfeo e Euridice (enfatica fino alla nausea), e che pertanto non può che risuonare alle nostre orecchie come un implacabile  requiem. Fallisce anche il coup de théâtre finale.

 

(Patrizia Fantozzi)

Libro della settimana

Facebook

Formazione

Sentieri dell'arte

Digital COM