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Il cannolo, un capolavoro di pasticceria conteso tra Catania e Palermo

Palermo o Catania? La storica rivalità, mai sopita, tra le due città siciliane torna a infiammare gli animi, con un dibattito gastronomico dal sapore di ricotta. Sì, perché dopo lunghi ed estenuanti “querelle” che hanno coinvolto, strada facendo, i piatti isolani più rappresentativi quali la pasta con le sarde e la cassata, l’oggetto del contendere è diventato stavolta il mitico cannolo siciliano, dolce e barocco peccato di gola, simbolo per eccellenza della sicilianità, dentro e fuori i confini dell’isola. Tutto è iniziato con l’ “incauto” invio, da Palermo a Roma, di una sorpresa di compleanno, alquanto originale, per l’attuale Presidente del Consiglio: un pasticcere pronto a sfornare, sul momento, decine e decine di golosi cannoli. Fin qui nulla di strano, anche perché - come molti sanno – il cannolo è migliore se viene farcito al momento, in quanto la scorza rimane croccante. Tuttavia il regalo in questione ha suscitato le aspre reazioni dei catanesi, anch’essi depositari dell’antica arte del cannolo, dando l’avvio all’ennesima diatriba gastronomica tra le due città. Difficile dirimere una volta per tutte la questione, anche perché la storia non viene affatto in aiuto. Sulle origini del cannolo, infatti, ci sono diverse scuole di pensiero. Secondo alcuni nacque in un harem “siciliano” preparato dalle abili mani delle concubine del sultano che, così, speravano di attirarne i favori, secondo altri fu creato come simpatico scherzo di carnevale, cioè come rubinetto (“canna”) da cui fuoriusciva della crema invece che dell’acqua. Qualunque sia la verità, il cannolo diventò ben presto uno dei dolci più amati dai siciliani. Per capirne di più, abbiamo fatto una piccola indagine tra gli esperti del mestiere, per cercare di scoprire se esistono delle differenze tra i cannoli palermitani e quelli catanesi. Per prima cosa, come ogni estimatore del cannolo sa, bisogna partire dalla scorza, o meglio “buccia”, quell’involucro di pasta croccante che serve a contenere la candida crema di ricotta. A Catania, sono ormai pochissimi quelli che la producono ancora artigianalmente. Come spiegano bene alcuni pasticceri catanesi: “Il punto di forza del cannolo è sicuramente la buccia. La preparazione dell’impasto, il taglio e la frittura sono operazioni molto laboriose che richiedono un grande impegno”. Nonostante le “versioni” in commercio di questo prodotto siano davvero tante, da quella classica a quella aromatizzata al pistacchio, al cacao, all’arancia e al mandarino, gli ingredienti della scorza “catanese doc” sono da sempre gli stessi: farina, zucchero, strutto, sale, uova e vino (usato anche per dare acidità all’impasto). Per conferire alle bucce la tipica forma cilindrica e allungata, pochi usano ancora, come si faceva un tempo, le canne di bambù. Nella maggior parte delle pasticcerie si acquistano già pronte. Anche a Palermo è quasi del tutto scomparsa la tradizione artigianale legata alla preparazione della “scorza”: “ormai non la fa più nessuno artigianalmente, perché ci sono tante piccole fabbriche che ne producono di ottima qualità, facendoci risparmiare molto tempo” sottolineano alcuni pasticceri di Villabate, vicino Palermo.Gli ingredienti della buccia palermitana inoltre sono gli stessi di quella catanese. A quanto pare, perciò, non ci sono clamorose differenze. Passiamo adesso al ripieno. Quello tradizionale è a base di crema di ricotta di pecora, morbida e vellutata, arricchita con sfiziosi canditi. Ed anche su questo, i pasticceri interpellati concordano: ricotta di pecora setacciata, pezzetti di zuccata morbida e cioccolato fondente extra, sia per i catanesi che per i palermitani. Unica differenza, la decorazione finale del dolce: pistacchi tritati di Bronte a Catania, diversamente da Palermo dove le estremità, secondo la tradizione, vengono decorate con filetti di scorza d’arancia candita. Ma allora, se le ricette sono quasi identiche, dove si nasconde il vero segreto dei cannoli? Secondo i pasticceri palermitani la particolarità che rende diversi i cannoli della Sicilia Occidentale è tutta nella qualità della ricotta: quella dei pascoli del palermitano, a quanto pare, ha gusto e consistenza differenti, è burrosa e molto più morbida rispetto a quella di altre parti della Sicilia, anche perché diverso è il tipo di erba che brucano gli animali. Dunque a parità di ricette, nessuna delle due città può dirsi detentrice della palma per il miglior cannolo siciliano perché, probabilmente, sono vari i fattori (e non sempre identificabili) che contribuiscono a trasformare un “semplice” dolce, in un capolavoro di pasticceria, rendendolo espressione di una terra, del suo patrimonio culturale e naturale, ma soprattutto della sua abilità artigiana. E allora, perché perdersi in diatribe senza vincitori, quando è possibile assaporare senza troppi dilemmi la magnificenza di questo dolce unico? Basta prendere esempio da un sacerdote e poeta palermitano che, come si racconta, già nel lontano 1635 ne tesseva le lodi e la grandiosità, come se fosse uno “scettru di re e virga di Mosè”.

(Alessandra Lunetta)

Nella foto in basso: un’accattivante rielaborazione del cannolo siciliano alla crema di ricotta, opera dello chef palermitano Nino Graziano

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