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"Angelica" : l''eccezionale talento trasformista di Andrea Cosentino

“E’ dunque assolutamente necessario morire, perché finché siamo vivi manchiamo di senso e il linguaggio della nostra vita è intraducibile. La morte compie un fulmineo montaggio della nostra vita: sceglie i suoi momenti davvero significativi e li mette in successione facendo, del nostro presente infinito, un passato chiaro, stabile, certo e dunque linguisticamente ben traducibile. Solo grazie alla morte la nostra vita serve ad esprimerci”. Con queste parole Pier Paolo Pasolini, nel suo saggio del 1967, "Osservazioni sul piano sequenza", esprimeva la propria visione della morte, utilizzando il cinema come metafora.

Quarant’anni dopo Andrea Cosentino, partendo dalle riflessioni del grande intellettuale, mette in scena uno spettacolo che rifiuta la linearità della narrazione per una rappresentazione frammentata e discontinua della realtà. Sul lungo piano sequenza che è la nostra vita, è infatti il regista che seleziona e monta le scene più interessanti perché, come afferma lo stesso Cosentino, “Il realismo si copia ma la realtà si produce”. E così l’ossessiva ripetizione della scena della morte di Angelica, in una fantomatica fiction televisiva, si intreccia con altre storie più o meno autobiografiche, in un puzzle schizofrenico, godibilissimo e apparentemente nonsense.

Lo sguardo di Cosentino vaga da una storia all’altra, tessendo una narrazione che non segue alcun ordine razionale, ma è espressione della sua personale visione della vita e del teatro. Angelica è uno spettacolo che conferma l’eccezionale talento interpretativo del regista abruzzese che da abile trasformista riesce, con piccoli mutamenti della voce e del volto, a dare vita, con incredibile naturalezza, a tutti i personaggi che popolano il suo vissuto e la sua fantasia.

 

(Monica De Simone)

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