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Stipendi RAI, monta la polemica

Lunedì 25 Luglio 2016, come precedentemente annunciato dal Direttore Generale della Rai, Antonio Campo dall’Orto, sono stati pubblicati sul sito della RAI i compensi dei dirigenti superiori ai 200mila euro e quelli dei consulenti e delle collaborazioni non artistiche superiori a 80mila euro. Si tratta di una scelta, oltre che dettata dalla legge, figlia della battaglia di vecchia data sulla “trasparenza” dell’azienda pubblica di Viale Mazzini, sull’onda della perenne richiesta di chiarimenti su come vengano investiti i soldi pubblici derivanti dal canone (da poco inserito nella bolletta elettrica).
Al di là dei compensi di Campo Dall’Orto, della presidente Monica Maggioni o dei direttori delle reti e dei telegiornali, le critiche si sono mosse per diversi aspetti. Il primo riguarda lo sforamento del tetto, approvato dal governo Renzi con la legge 89/2014, che fissava a 240 mila euro annui il limite massimo degli stipendi degli amministrazioni di società controllate dalle pubbliche amministrazioni. Un limite che pone il problema della competitività dell’azienda pubblica con Foto2raipotenziali offerte di privati e che quindi si cerca di “scavalcare” con risultati alterni; il secondo è quello di chi, ormai ex dirigente, percepisce ancora uno stipendio come tale in seguito alla stipula di contratti a tempo indeterminato (come Lorenza Lei o Mauro Mazza) ed è quindi pagato anche se nei fatti è non operativo.
Le polemiche, soprattutto di esponenti politici, sulla gestione dei fondi ovviamente non è mancata. Sono tornati di moda slogan che hanno accompagnato la TV pubblica per diverso tempo quali “privatizzazione” e “stretta contro i fannulloni”. Maggioni e Campo Dall’Orto, dal canto loro, si dicono tranquilli e dichiarano di ritenere questo non un obbligo ma un’opportunità, un modo per dimostrare più responsabilità anche nei confronti del paese e dei cittadini. Nonostante questo, il vespaio sembra non destinato a placarsi: il Codacons ha addirittura presentato una denuncia alla Corte dei Conti per far valutare l’eventuale sussistenza di un danno erariale, dal momento che gli stipendi sono pagati, per l’appunto, grazie ai soldi del canone.
Ciclicamente le polemiche sui soldi pubblici e come siano spesi vengono riprese e cavalcate per qualche tempo; per giorni non sembra esistere altro nel mondo, e la risoluzione di quel problema pare sia una priorità assoluta. Poi passa la “mareggiata”, l’interesse per l’argomento scema e la questione diventa come l’orizzonte citato in maniera superba da Galeano: visibile ma lontano e irraggiungibile. Ci si scandalizza a tempo, e quando il tempo finisce rimane sono la tristezza di tanta retorica e pochi fatti, questa sì caratteristica tipicamente nostrana.

Antonino Tarquini 25/07/2016

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