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“Chatters” al Tor Bella Monaca: il teatro che si gioca è il gioco che ci inchioda

La Sala Piccola del Teatro Tor Bella Monaca si trasforma in uno studio televisivo con l’arrivo della Compagnia Habitas e di Niccolò Matcovich, autore e regista di “Chatters” (in scena dal 23 al 26 febbraio), spettacolo che, con acume e ritmo irresistibili, ci racconta di “E invece io ne parlo”, un esilarante e paradossale talk show a caccia di argomenti scomodi e scottanti.
Condotta dalla severissima e grottesca Alìda Fata (Maria Lucia Bianchi, un concentrato d’energia e di trovate azzeccatissime), la puntata cui assistiamo si focalizza su un fatto tragico: il suicidio del giovane Andrea – scrittore in erba, che, reduce da una serie di insuccessi, decide di assecondare la folle voglia di togliersi la vita pur di lasciare un segno. In studio, guidati dalla conduttrice, seduti su cubi fluorescenti (unico elemento scenografico), intervengono alcuni amici e l’odiato padre di Andrea (Simone Bobini). Tra una domanda e l’altra, una rivelazione e l’altra, comici fuori onda e ridicoli battibecchi, un violoncello dal vivo (quello di Flavia Passigli) scandisce tempi e cambi di rotta, preparando un finale a sorpresa denso di straniante e inaspettato lirismo.

“Chatters” è uno spettacolo che si diverte e fa divertire sfruttando con leggera saggezza la facoltà principe del teatro: la mimesi. Sì, perché quest’esserino agile e prezioso che ci troviamo di fronte gioca con la propria natura, e s’impegnaCHATTERS2 con successo a scompigliare e trasformare tanto quella dello spazio teatrale, quanto quella del pubblico stesso. Se, infatti, il teatro restando un teatro diventa uno studio televisivo, lo spettacolo diventa a tutti gli effetti, davvero, un talk show, provocando automaticamente un’involontaria eppure attivissima partecipazione degli spettatori. A sedere lì, ci si ritrova, cioè, comunque e inevitabilmente a essere interpreti di un ruolo: quello del pubblico in studio, che assiste dal vivo, in diretta, con tutti gli imprevisti e i gustosi incidenti del caso, al programma tv.
E questa messa in scena, più intrigante dell’abusato espediente del teatro-nel-teatro, avvince anche perché va ad affrontare senza didascalie né moralismi, evitando la palude della serietà a tutti i costi, tematiche estremamente attuali e delicate: dal rapporto genitori/figli al diritto all’autoaffermazione, fino al problema (tutto degli altri e quindi purtroppo di sé) dell’omosessualità, allusa nelle parole e nei gesti del più intimo fra gli amici di Andrea, Sandro (Emanuele Marchetti), tutto è volutamente caricato e caratterizzato all’insegna del grottesco.

E nel fulcro dell’intreccio questo aspetto emerge con più evidenza. Alìda Fata e il suo talk show ci ricordano certe presentatrici e certi programmi che oggi popolano, nella corsa all’audience, più o meno tutte le televisioni. E però è solo un’allusione, un suggerimento: “Chatters” sceglie l’arma bianca dell’assurdo e del sarcasmo, non spara col cannone del giudizio e della morale. Perché è solo così, spostando l’attenzione grazie alla caricatura, che si colpisce al cuore la realtà.
Che ci colpisce al cuore, la realtà.
Succede infatti che, con “E invece io ne parlo”, si ride, si ride sinceramente, a crepapelle, ci si sganascia. E poi ci si commuove. E ci si sente poi storditi. E un po’ confusi, pure: siamo stati lì, pubblico affamato, a rimpinzar lo share. Proprio come davanti al televisore – vogliamo cambiar canale, perché quella roba non ci piace.
Ma no. Lascia.

«Fa ride’!»

Sacha Piersanti 25/02/2017

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