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Terapia collettiva di comicità: “Principesse e sfumature - Lei, Lui & Noialtre” al Roma Fringe Festival 2016

A quale donna non è capitato di desiderare una storia d’amore da favola con tanto di principe azzurro? A chi non è mai successo, poi, di sentirsi a proprio agio nell’essere considerata piccola, fragile, delicata, e per questo immensamente bella?
D’altro canto, a chi non è stata altrettanto stretta l’idea di dover rispondere e corrispondere, in quanto donna, a questi modelli stereotipati?
Fin da piccole, le ragazze si trovano bombardate da messaggi che inneggiano alla ricerca della felicità a tutti costi. Ma non è tanto la ricerca a inclinare le future scelte delle donne, quanto la pressione psicologica verso il mantenimento, veramente a ogni costo, di questa fantomatica felicità.
Chiara Becchimanzi, della Compagnia Valdrada, ci apre le porte del suo viaggio “terapeutico” verso il senso dell’essere donna. Fin dalle prime battute del suo “Principesse e sfumature - Lei, Lui & Noialtre”, ci si trova inseriti in una specie PrincipesseESfumature1di psicoterapia collettiva che, dominata dalla protagonista e da una indefinita psicoterapeuta che si mostra al solo senso dell’udito, scardina e affronta i luoghi comuni che governano la sfera femminile. A essere governata da essi non è, però, tanto l’idea che l’altro sesso si crea della donna, quanto lo stesso pensiero che la donna ha su di sé, le sue modalità di comportamento e le scelte che questa effettivamente compie nella propria quotidianità.
Date le premesse appare, dunque, normale che una giovane donna, sui 30 anni e psicologicamente in salute, senta la necessità di rivolgersi a uno specialista per comprendere al meglio il proprio rapporto con l’altro sesso, per scardinare i propri ricordi ancestrali, ma soprattutto per capire perché è costantemente pervasa da quel senso di non essere mai abbastanza. Ma abbastanza rispetto a cosa? Quella qui drammaturgicamente intessuta è una plausibilissima seduta psicoterapica che con questa domanda giunge forse al nocciolo della questione. Cosa regola, se male interpretato, questo abbastanza? Modelli, stereotipi, aspettative. In gioco, però, vi è la vita.
Tuttavia la vita, con i suoi opprimenti modelli di riferimento, sembra rispondere forse più facilmente alla domanda ‘cosa ci si aspetta che io voglia?’ che a quella realmente importante che chiede ‘cosa voglio, Io, per me?’. Lo scarto non è irrilevante.
Può accadere, allora, che grazie a una bambina giunga la suggestione più adeguata: si può essere principesse, rosa e delicate, pur impugnando una finta spada per salvare un bel principino azzurro imprigionato nella torre. Perché si può essere dolci pur avendo coraggio e intraprendenza. Ma soprattutto ci si dovrebbe sentire abbastanza per se stessi in ogni istante della propria vita per rispondere a quell’unica domanda che importa davvero.
Simpatica, tagliente, acuta, Chiara Becchimanzi esce sul palco in tutta la sua (non) femminilità di donna, lontana da stereotipi e modelli “perbenisti” di riferimento e trasporta il pubblico - femminile e non - in un momento di puro divertimento teatrale, senza per questo cadere in una comicità banale e scadente, ma consegnando anche la bellezza della riflessione: tra le risate fragorose e di pancia spunta il sorriso più bello e sincero, quello del cuore.

Gertrude Cestiè 30/08/2016

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