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I Tre Chefs spopolano alla 24esima edizione di Luglio Bambino

CAMPI BISENZIO – Luglio Bambino ti permette un salto temporale salvifico, ti dà la possibilità di reinterpretare il te stesso che fu, di sederti nell'arena in legno dentro il Parco Iqbal e dimenticarsi le decine di anni sulle spalle, le ginocchia doloranti, la barba imbiancata, la testa che si incalvisce. Stiamo lì in mezzo ai bambini. Riesce a sorridere, giocare, goderne chi non ha lasciato il fanciullino a casa, chi se lo porta sempre dietro, chi ogni tanto lo fa correre e fare capolino. Tre i lavori più significativi tra i quattro proposti per il concorso dove una giuria di alunni delle scuole elementari e una giuria di giornalisti hanno decretato vincitori e menzioni di quest'ultima edizione, la ventiquattresima sempre con la direzione attenta di Manola Nifosì e Sergio Aguirre.
La giuria di qualità della stampa locale ha selezionato al primo posto “I Tre Chefs” con la loro giocoleria ed arte applicata al mondo, sempre più in e cool e di moda, della cucina. Tra Masterchef trechefs2e Cucine da incubo, Cuochi e fiamme Mezzogiorno di cuoco, Chef per un giorno e Hell's kitchen, La prova del cuoco e Unti e bisunti per non parlare dei mille programmi e trasmissioni dove si cucina a qualsiasi ora della giornata, il tema è sembrato perfetto per questi tempi dove c'è si da stringere la cinghia ma in qualche modo ci fanno credere, ancora e nuovamente, che “grasso è bello” e che mangiare, o cibarsi o nutrirsi o deliziare il palato, sia un valore aggiunto. Quando un popolo pensa troppo al cibo è arrivato ad un punto morto, nel pantano di un senso unico, di una via senza sfondo. “I Tre Chefs”, complici musiche riempipista hit azzeccate e coinvolgenti, da battimano a segnare il tempo, hanno travolto la folta platea con i loro mestoli e posate che volavano, con le loro mistificazioni e derisioni avantipermessoappunto della cucina televisiva ed estetizzante, con lo spassoso gioco dell'uovo alla coque dentro vassoi d'argento che appare e scompare, che scivola tra il pubblico e che riaffiora dentro cucchiai o dietro orecchie.
Temi attuali sia per “Avanti permesso” che per una rivisitazione di “Robinson Crusoe”. Nel primo, a cura della compagnia lombarda Mattioli, era fotografato perfettamente l'attuale momento storico: da una parte un abitante di una città autoctono mentre al suo fianco un nuovo cittadino, uno “straniero” etichettato da colori variopinti e pois, estroverso e strano, molto diverso dal così compunto e sobrio, elegante ma anche austero e grigio cittadino serioso della casa accanto. L'amicizia, se non l'amore, tra questi due personaggi che si apostrofano prima e comunicano dopo nel loro colorato e caloroso gramelot, scatta tra i due. Ma l'amaro finale è lì a portata di mano, ad un palmo di naso. Infatti lo “straniero”, che nel tempo si è integrato ed è diventato parte del tessutorobinsoncrusoe2 cittadino e della società locale tratterà con eguale diffidenza e distanza e lontananza un nuovo vicino, “migrante” come era stato lui, “diverso” come lo era lui anni prima. E' proprio difficile per l'uomo mettersi nei panni dell'altro, anche, e forse soprattutto, quando quest'ultimo assomiglia moltissimo a ciò che eravamo, a quello che rappresentavamo. La paura è un sentimento trasversale, che ci tocca tutti. Non dobbiamo aver paura della paura. La paura è razionale, è per questo che si cura con l'illogicità dell'amore e della comprensione.
Infine “Robinson Crusoe” del Teatro Pirata di Jesi, che ha ottenuto la menzione d'onore per le macchinerie messe in campo, hanno sfoggiato queste scatole concentriche, quasi matrioske che, aprendosi come soffietto o dispiegandosi come ali di gabbiano, diventano casa, nave e galeone ma anche isola e capanna. Interessante il teatro nel teatro con gli attori che discorrevano con le marionette da loro sostenute come altrettanto interessante è stata la riformulazione, evidentemente aggiornata, dell'amicizia tra Robinson e Venerdì; non più padrone e schiavo ma amici alla pari, sostenitori e aiutanti l'uno dell'altro, solidali compagni di viaggio. Ognuno di noi avrebbe bisogno del suo Venerdì, un amico fidato che non ti tradisce.

Tommaso Chimenti 08/07/2017

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