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"Il viaggio di Enea": la ricerca del proprio posto nel mondo

Mai come in questo momento il mito di Enea risulta essere così contemporaneo. Il tema dell'appartenenza, dell'amore per la propria terra, quello della povertà e della migrazione riescono a trovare un luogo dove prendere vita e farsi sentire veramente. E' ciò che accade con lo spettacolo "Il viaggio di Enea" scritto dal drammaturgo canadese Olivier Kemeid dall'Eneide di Virgilio, adattato e diretto da Emanuela Giordano, con Fausto Russo Alesi, Alessio Vassallo, Carlo Ragone, Valentina Minzoni, Roberta Caronia, Giulio Corso, Simone Borrelli, Lorenzo Frediani, Emmanuel Dabone, Antoniette Kapinga Mingu e Giulia Trippetta.
Lo spettacolo è in scena dal 26 aprile al 7 maggio al Teatro Argentina di Roma ed è affiancato dal progetto "Enea in viaggio – MigrArti" del MiBACT (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo).
Sul palco, con oggetti che ricreano zattere, capanne e Resort privati, viene ripercorso il mito di Virigilio con un testo che, nonostante rimanga fedele all'oroginale, viene reso incredibilmente contemporaneo. Enea è un uomo che si ritrova, dopo un attacco alla sua città, a dover decidere se scappare immediatamente con la moglie Creusa e il figlio Ascanio o rimanere a combattere insieme agli altri uomini per la propria terra. Una volta presa la difficile decisione inizia il viaggio infinito, fatto di fame, paura e morte, che lo porta a vagare senza una meta e ad approdare in territori ostili dove è visto come un estraneo, un delinquente e, ancora peggio, come qualcuno da sfruttare per denaro. Ilviaggiodienea3
Enea continua a vagare con lo scopo di trovare un luogo da chiamare casa e una terra dove poter vivere come uomo libero e riappropriarsi della sua dignità.
Impossibile non pensare ai tanti Enea odierni che affrontano le stesse, o quasi, dinamiche alla ricerca della libertà e della salvezza.
Si tratta di un lavoro complesso che, attraverso il racconto di un mito, presenta diverse sfaccettature del delicato tema dell'immigrazione. Sfaccettature anche personali: il regista Kemeid ha, infatti, origini egiziane e suo nonno si è trasferito in Canada per fuggire dai soprusi e dalle difficoltà. Un mito, dunque, che continua a rivivere oggi, come in passato, negli occhi e nei viaggi dei tanti profughi.
Gli attori - con una recitazione molto fisica - riescono a trasmettere un senso di pericolo e di smarrimento che sfociano in un clima di continua tensione, perfettamente adeguato al tema trattato. Lo spettacolo lascia dell'amaro in bocca, avendo la cura di sottolineare l'incapacità dell'essere umano di saper accogliere i propri simili e vivere con loro in maniera pacifica.
La regista Emanuela Giordano è stata in grado di far riflettere il suo pubblico grazie a un ribaltamento di ruoli: sulla scena, infatti, coloro che scappano per affrontare un terribile esodo sono interpretati da attori bianchi, mentre coloro che dovrebbero accoglierli umanamente e che invece li sfrutta o li caccia via sono attori di colore (Emmanuel Dabone è della Costa d'Avorio e Antoinette Kapinga Mingu è congolese). Una scelta non scontata, che ci impone così una profonda e, a tratti fastidiosa, riflessione, portando all'inevitabile domanda: e se succedesse a me?
Difficile dare nell'immediato una risposta, ma forse questo non è poi il vero scopo dello spettacolo. "Il viaggio di Enea", molto semplicemente, permette a tutti di fermarsi per un attimo a pensare che ognuno di noi, in fin dei conti, è un immigrato in cerca del proprio posto nel mondo.

Marilisa Pendino 02/05/17

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