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“i Bugiardini Show”: l’arte di improvvisare e lasciarsi andare

Finché non si assiste a uno show totalmente improvvisato, è difficile crederci. Ma quello che fanno “i Bugiardini” è un vero e proprio plasmare dal nulla, senza copioni né canovacci.
La compagnia, nata nel 2007, è composta da otto abilissimi attori: Giuseppe Marchei, Fabrizio Lobello, Andrea Laviola, Francesco Lancia, Giuseppe Romeo, Giacomo Cappucci, Tania Mattei e Simone Tani; oltre a realizzare produzioni teatrali, ha messo su un vero e proprio progetto di formazione, ricerca e sperimentazione tramite numerosi laboratori. Il sogno è la creazione di un “Teatro Stabile di Improvvisazione teatrale” a Roma simile a realtà già presenti in tutto il mondo. I loro spettacoli prendono vita ogni due domeniche presso il Teatro Abarico di Roma dell’Istituto Teatrale Europeo e includono svariati tipi di show itineranti, tra cui “Shhh! An Improvised Silent Movie” e "Blue - il musical completamente improvvisato". L’attuale spettacolo, “i Bugiardini Show”, prevede il “Gorilla Theatre” – un format ideato dal "guru" Keith Johnstone, che ha sviluppato una sua personale filosofia d’improvvisazione e fondato ilBugiardini1 The Loose Moose Theatre canadese, una scuola di recitazione basata sulla sua tecnica – e un late show a seguire, l’Off the Cuff. Entrando nella piccola e intima sala dell’Abarico, si viene trasportati subito in un’atmosfera da giungla: luci soffuse, suoni naturali e fumo che offusca l’ambiente. Ci si prepara ad assistere a qualcosa di ‘selvaggio’ e inesplorato, non ingabbiato in schemi predeterminati.
La giungla è abitata da un gorilla, mascotte del “Gorilla Theatre”, e da cinque performer, ognuno dei quali è chiamato, a turno, a fare da regista di una scena che verrà creata sul momento, sulla base di una qualsiasi idea casuale che passi per la testa. Così, per esempio, partendo da semplici elementi quali “coraggio” e “androne di casa”, gli altri quattro attori costituiscono pezzo per pezzo un’esilarante scenetta sul “cubo di Geova” che collega la linea telefonica di casa a quella del Dio, mentre dalla parola “armistizio”, scelta dal pubblico, nasce una spassosa vicenda bellica tra la Musica e il Cinema su quale sia l’arte migliore tra le due. Ma il pubblico non rimane passivo ed è chiamato a interagire attivamente con lo spettacolo: viene continuamente interpellato per fare da "garante", invitato a dare suggerimenti per creare la situazione, fornire spunti casuali e propri oggetti personali che diventano perni di una situazione scenica o, addirittura, portato a partecipare in prima persona; tutti i più disparati imprevisti diventano un’inesauribile fonte di ricchezza narrativa. Il prodotto finale è una fantasiosa creazione unitaria composta dalla comunanza delle singole idee che si palesano continuamente come scintille.
Bugiardini2Come dimostra il secondo spettacolo, l’Off the Cuff – vera e propria gara di maestria tra chi riesce a destreggiarsi nel modo più funambolesco in disparate prove d’improvvisazione (come ad esempio recitare una scena sbagliando di proposito la grammatica o creare una storia partendo da 20 spunti in soli 120 secondi) – alla base di questa tipologia di teatro c’è una solida preparazione e un sistematico allenamento mentale e fisico. Per fare improvvisazione, infatti, si necessita di un’elevata conoscenza e padronanza non solo di se stessi, ma anche degli altri membri del gruppo, dal momento che sul palco si deve creare un’assoluta alchimia e un’unica sincronica coscienza di gruppo. La difficoltà più grande dell’improvvisazione, come sostiene la filosofia di Keith Johnstone, è quella di riuscire ad allontanarsi dalla propria comfort zone, di mettere a nudo la propria vulnerabilità e scrollarsi di dosso la paura di essere giudicati dagli altri. È necessario sbarazzarsi delle proprie limitanti inibizioni e sapersi affidare all’altro, ispirarlo e ispirarsi a propria volta. L’improvvisazione diventa quindi un’arte terapeutica per mezzo della quale ci si può liberamente esprimere, si possono sfogare le proprie emozioni interne e mettere in scena infiniti aspetti di sé. Se André Bazin, parlando della capacità di improvvisare di Charlot, la definì nei termini di “immaginazione senza limiti davanti al pericolo”, allo stesso modo la genialità creativa dei Bugiardini permette loro di adattarsi a qualsiasi situazione proposta, cercando un’immediata soluzione che si coniughi, allo stesso tempo, in armonica sintonia con gli altri attori. Da questo equilibrio si ottiene un preciso “effetto collaterale”, quel particolare punto in cui gli ingranaggi della situazione comica si incontrano facendo scoppiare il pubblico in una fragorosa risata. Questi spettacoli regalano momenti preziosi di teatro perché tramite essi il pubblico può farsi testimone, per una sera, di una performance d’arte unica, originale e irripetibile, che trascina con sé tutto ciò che è stato nel momento in cui muore.
Vedere per credere.

Flavia Mainieri 22/2/2017

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