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Dalla Biennale al MACRO: tre nuovi appuntamenti con l’arte contemporanea alla Pelanda di Roma

Il potere evocativo dell’immagine e la correlazione tra parola e arte. L’apertura alla diversità e la sua rappresentazione. Questi e molti altri i temi alla base del percorso espositivo inaugurato al MACRO Testaccio il 12 e 13 aprile. Un viaggio nell’arte contemporanea articolato in tre tappe ben distinte: dal ciclo di lavori “Sulla pelle della pittura” di Alessandro Verdi , passando per “Poetry” di Marco Nereo Rotelli, entrambi inseriti nell’ambito del progetto From La Biennale di Venezia & OPEN to MACRO. International Perspectives, a cura di Paolo de Grandis e Claudio Crescentini, per chiudere infine con la mostra fotografica “Ethiopia” di Marco Paoli.Prendendo le mosse dall’esperienza veneziana, “Sulla pelle della pittura” costituisce un ulteriore passo in avanti nel percorso artistico di Alessandro Verdi: una serie di carte ad acrilico di grandi dimensioni vengono distese lungo i pavimenti dello spazio museale, simili ora a pergamene giapponesi, ora a mappe, appena abbozzateAlessandro Verdi nello studio , di un qualche territorio sconosciuto. Vere e proprie isole di colore, immerse nel bianco della tela, si offrono così agli occhi del visitatore, che osserva dall’alto, solo apparentemente dominando queste immagini allusive, sospese tra figurazione e astrazione. Ugualmente sfuggente e al tempo stesso completamente aperta al fruitore rimane la nuova e più ambiziosa installazione di Verdi, presentata in esclusiva al MACRO: sei pannelli, disposti a quadrato, formano una sorta di enorme “separé”, ricoperto da una pelle morbida e duttile, ricavata accostando tra loro frammenti di carta e cera d’api. Disseminati qui e là si riconoscono inoltre piccoli segni minimali del passaggio dell’artista, frammenti di immagini che calamitano l’attenzione del visitatore, perso e ammaliato nella miriade di particelle condensate sulla tela.MACRO3Se nell’esperienza creativa di Alessandro Verdi il percorso alla Biennale è un punto di partenza piuttosto che di arrivo, un’identica volontà di superamento dei risultati ottenuti sembra accomunare l’artista bergamasco e la ricerca di Marco Nereo Rotelli sulla parola. Filo rosso che collega i vari momenti di “Poetry” è infatti il valore universale della parola, che si fa azione artistica. Dalle lamine d’acciaio dell’opera “Processi”, dedicata ai provvedimenti giudiziari contro Pier Paolo Pasolini, fino ai “Manifesti poetici”, installazioni urbane realizzate dopo l’11 settembre, la materia diventa, per dirla con le parole dell’autore, “luogo-concetto”, elemento fisico per trattenere la poesia in una forma tangibile. La coesistenza tra piani espressivi diversi sembra essere inoltre il modus operandi di Rotelli stesso, che più volte in passato si è valso della collaborazione con altri “artisti” della parola. Da questo lavoro poli-linguistico, in particolare, nasce la serie dei “Collages” in collaborazione con il poeta di origine siriana Adonis, a cui il MACRO dedica un’intera sezione. "Che cosa?Siamo forse diventati lo stesso sangue?" è la domanda posta dal poeta all’artista, di fronte a questo percorso di costruzione “a puzzle”, nel quale ritagli di giornale, simboli della coscienza contemporanea, coesistono con la bellezza visiva del linguaggio e della calligrafia arabi. È quello che accade ad esempio in un’opera dal fortissimo impatto visivo come “Frontiers”, in cui la parola poetica sembra scontrarsi con la tragica foto di Aylan, il bimbo siriano rinvenuto sulla spiaggia di Bodrum nel settembre 2015. Un lavoro a due che, lungi dall’esaurirsi, si evolve ulteriormente nella nuova installazione di Rotelli: ad essere invaso dalla parola e trasformato in pagina di poesia è stavolta l’intero spazio museale, attraverso una sinergia di luci, proiezioni di versi e opere dell’artista stesso, che si amalgamano perfettamente tra loro. Questa aspirazione alla coesistenza delle differenze sembra del resto un’esigenza condivisa anche dal fotografo Marco Paoli: con “Ethiopia”, quello che si tenta di fare è proprio tessere un racconto della diversità, all’interno di una delle nazioni africane che, per la molteplicità di lingue, etnie e religioni al suo interno, di questa tematica costituisce in qualche modo l’emblema. In un percorso espositivo libero, che procede per assonanze, ad essere rappresentata, in particolare, è la peculiarità di un popolo in movimento. "Durante la mia esperienza in Etiopia ho notato veri e propri sciami di popolazioni che si muovono giorno e notte incessantemente", racconta a questo proposito l’artista. "Ho tentato quindi di rendere questo movimento attraverso una sorta di effetto sfocato, ben percepibile in tutti gli scatti". Un tema, quello del movimento, che non può non rimandare al fenomeno migratorio che caratterizza la nostra epoca, ma anche alla riaffermazione, ancora una volta, dell’importanza della convivenza nella diversità. Allo stesso modo in cui, nello spazio del MACRO, convivono tre esperienze artistiche molto diverse, ma non prive di connessioni sotterranee, che dialogano tra loro in un percorso espositivo articolato e dalle molteplici suggestioni.

Desirée Corradetti 15/04/2017

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