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Dall'effimero all'infinito: "Aeterna", la terza Esposizione Triennale al Complesso del Vittoriano

L’eternità, la caducità, la metamorfosi, la crisi del nuovo Millennio. Dove il senso, i valori, gli schemi del passato nella società non esistono più e la sola forma d’arte credibile è quella astratta, che esprime il Nulla. È questoSchermata 2017 04 07 alle 01.01.41 il tema centrale di "Aeterna", la terza Esposizione Triennale di Roma, visitabile fino al 22 aprile 2017 nel Complesso del Vittoriano-Ala Brasini e presso due Padiglioni Nazionali esterni: il Palazzo Velli Expo e la Fondazione Venanzo Crocetti. Si tratta di uno spazio complessivo di ben 1000 metri quadrati, con 253 opere di 235 artisti, soprattutto giovani, fra i più interessanti nella scena artistica contemporanea internazionale.

L’esposizione, sotto l’egida dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano e gestita dal Gruppo Arthemisia, è curata quest’anno da Gianni Dunil, art director e videomaker. L’inaugurazione è avvenuta il 25 marzo dal conte Daniele Radini Tedeschi e dallo storico dell’arte Achille Bonito Oliva

Fra gli artisti più significativi spicca la presenza della romana Vittoria Malagò, autrice di interessanti disegni riguardanti il tema dei soffioni, fiori effimeri e simbolo della natura effimera dell’esistenza, perfetta antitesi del tema generale e del titolo della mostra. Non mancano le opere di altri autori affermati, che hanno già partecipato ad altre grandi esposizioni come la Biennale di Venezia, fra cui Pier Domenico Magri, Sabrina Bertolelli, Aldo Basili e Roberto Miniati. All’interno della mostra è presente un settore dedicato ai rapporti fra arte e moda, con l’esposizione di alcuni scatti fotografici dell’ultima collezione della principessa Giacinta Ruspoli, stilista e raffinata autrice di haute couture. 

È appunto il paradosso dell’infinito contrapposto all’effimero il tema centrale dell’esposizione. Un contrasto insolubile che rispecchia la società di oggi, divisa fra l’urgenza di ottenere tutto e subito e la bramosia vanagloriosa di non morire mai. Il tempo non esiste più, si sono sbriciolati gli ideali, i valori, un tempo solide rocce dove poggiava i suoi piedi l’uomo nel suo cammino fra le strade della Storia. Se è vero che l’arte rispecchia la società, quella di oggi, per non tradire se stessa, deve corrispondere per forza a un azzeramento formale, a una linguistica dell’incomunicabilità; in ultima istanza, al Nulla, all’immateriale, alla totale mancanza di senso. Tabula rasa. L’uomo, al centro di un “umanesimo vuoto” fatto di aridità, assenza e logorante attesa, drogato dall’illusione del nichilismo tecnologico, è ormai completamente smarrito, senza sentieri tracciati sul terreno né punti di riferimento. L’anima è errabonda (e diventa manìa, perfetto anagramma) e l’uomo, solitario e individualista, inizia a smarrirsi. I francesi hanno un termine perfetto per definire questo stato di crisi che fotografa il presente: "flâner", che significa errare senza meta fermandosi spesso a guardare. Il Nulla, però, può anche essere un’occasione per ripartire: cercare nuove strade, nuovi schemi mentali e diversi valori per cui vale la pena vivere, senza però commettere - si spera - gli stessi errori del passato. L’arte può aiutare questo processo di rinascita, che potrebbe individuarsi nella nuova corrente dell’Estetica Paradisiaca, re-inventando una propria iconografia, un nuovo immaginario che stimoli la sensibilità degli esseri umani del presente.

Tutte le opere sono, in effetti, rappresentazioni del Nulla, dell’irrealtà, della dissacrazione: dipinti bianchi, astratti, volti senza forma, statue di materiali insoliti e piccole installazioni. Dal "Pistolino degli stracci" (2015) di Teresa Cundito, chiara parodia della Venere del Pistoletto, all’"Eterna domanda" (2016) di Maria Adelaide Stortiglione, che rappresenta un grande punto interrogativo bianco sopra un cielo azzurro; dalla "Clochard venezuelana" (2015) in vetroresina di Maria Mancuso, a un mazzo di fiori bianchi in rilievo che sporgono da una tela, opera di Lucas Van Eeghen, dall’eloquente titolo "Enigma" (2012). Lo spazio espositivo è intervallato da citazioni di grandi autori, alternati a quelli di anonimi, che hanno espresso la loro filosofia spicciola su social network come Twitter. Un utente si interroga, ad esempio: «A quale niente pensi quando dici che non pensi a niente?». Aeterna non è solo una mostra interessante, con un chiaro filo conduttore e opere, nella media, di grande valore artistico; è anche, e forse soprattutto, un modo per rintracciare nell’arte il percorso di noi stessi, oggi, in un mondo sempre più liquido - dove tutto viene documentato grazie alla tecnologia - le telecamere a circuito chiuso, i selfie, i video, i reality - ma si perde in un vortice che porta alla confusione più assoluta. Imparare a riconoscersi, a fissarci nell’arte e grazie all’arte, sarebbe un ottimo punto di partenza per riprendere il filo della grande narrazione di noi stessi e dell’umanità. 

Michele Alinovi 07/04/2017

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