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Recensito intervista Nicola Piovani: “Il pericolo è la sconvolgente bellezza della musica”

«Ciò che non si può dire e ciò che non si può tacere, la musica lo esprime», affermava Victor Hugo. Di questo è sempre stato convinto Nicola Piovani, autore di colonne sonore per oltre 180 film, musicheper il teatro e per canzoni di musica leggera. Il grande compositore romano dal 7 all’11 giugno ha portato in scena al Teatro Argentina di Roma lo spettacolo-concerto “La musica è pericolosa”, un’opera polidisciplinare che fonde musica, immagini e parole e ripercorre gli ultimi trent’anni della sua lunga carriera. Dalle collaborazioni con i più celebri registi italiani e stranieri, come Federico Fellini e Mario Monicelli, fino agli indimenticabili brani per “La vita è bella” dell’amico Roberto Benigni, con il quale ha vinto il premio Oscar per la migliore colonna sonora nel 1999. Non è mancato un omaggio speciale a Fabrizio De André, con cui ha lavorato in due album, e all’amato teatro musicale. Le melodie si alternano alle storie e ai ricordi che Piovani racconta al pubblico, mentre su un grande schermo scorrono le immagini di film e di spettacoli, ma anche le illustrazioni di Milo Manara per “Viaggi di Ulisse”. Uno splendido viaggio sonoro dove la musica dal vivo trascina lo spettatore in un’atmosfera di sogno e di emozioni, in un luogo magico dove le parole non possono arrivare.

“La musica è pericolosa” è una frase di Federico Fellini, che lei ha scelto come titolo del suo libro autobiografico uscito tre anni fa per Rizzoli. Può spiegare meglio questa affermazione?
“Fellini aveva un rapporto intenso e viscerale con la musica: spesso si commuoveva di fronte ad essa e questo gli trasmetteva un po’ di panico, come se sentisse l’urgenza di doversi proteggere. Per lui era davvero pericolosa. Io sono convinto che l’approccio con la bellezza musicale, come quella artistica, poetica e letteraria, sia gioiosamente pericoloso quando avviene un incontro profondo e sincero. È un’esperienza che ti cambia, un po’ come gli innamoramenti adolescenziali.”

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Quando ha deciso che la musica sarebbe diventata la sua vita?
“Non l’ho mai deciso. Semplicemente non ricordo un giorno, dai tre anni in poi, in cui non ci sia stata musica nella mia vita, in un modo o nell’altro: come esecutore, come autore, ma soprattutto come ascoltatore. Ho cominciato a suonare la fisarmonica a tre anni e poco fa, per rispondere a questa intervista, ho interrotto la scrittura di una piccola partitura a cui sto lavorando.”

Perché ha sentito il bisogno di dare vita a questo spettacolo? Cosa ha voluto raccontare e che emozioni vorrebbe trasmettere?
“Dopo l’uscita del mio libro mi telefonò il regista Francesco Rosi. Guarda che questo libro è bello da leggere - mi disse - ma lascia la voglia di sentire le musiche di cui si parla. Dovresti ripubblicarlo insieme a dei cd. La sua idea era impraticabile, anche per motivi editoriali, ma mi lasciò uno stimolo che mi è poi stato utile di lì a poco, quando ho messo in scena questo spettacolo in cui racconto episodi, memorie e aneddoti, alternandoli all’esecuzione di musiche - diciamo così - illustrative.”

Lei è molto legato al teatro musicale: lo ha definito “la forma più affascinante di attività artistica che esista” e lo consiglia ai giovani compositori. Perché pensa che sia così attuale e vitale, in una società apparentemente dominata dalla tecnologia e dalla riproducibilità tecnica?
“La tecnologia moltiplica i mezzi di riproduzione audiovisiva; li rende accessibili, li diffonde ovunque - con annessa pubblicità - li inflaziona, bagna le polveri alla potenza espressiva dei suoni e delle immagini, ci infila musiche di sottofondo ovunque, perfino nei cessi dell’autogrill. Per questo è sempre più prezioso lo spettacolo cosiddetto ‘dal vivo’: quello con esecutori in carne ed ossa che suonano nel corpo a corpo teatrale per un pubblico in carne ed ossa, nel silenzio concentrato e senza interruzioni pubblicitarie - almeno per ora. Ecco perché è oggi così importante il teatro: non è solo un luogo miracoloso, ma anche un bunker per difendersi dalla dispersione espressiva.”

Cosa pensa della situazione attuale del cinema italiano? In futuro si vede più legato ai film o agli spettacoli musicali?
“Credo che il cinema, inteso come cinematografo, non stia vivendo un periodo esaltante: in particolare quello italiano, e in particolar modo la musica da film. Certo, se mi capita un’occasione per una sceneggiatura interessante la colgo al volo e ci lavoro, anche a metà prezzo. Ma questo succede di rado e poi, immagini, ho musicato circa 180 film, trascurando a lungo il mio amato teatro: è ora che io bilanci un po’ il mio curriculum.”

Come ha osservato, oggi la musica è fruibile ovunque e presente dappertutto, come un sottofondo che accompagna ogni istante delle nostre vite, finendo per banalizzarsi e perdere di valore. Come si può (se si può) contrastare questo processo?
“Ormai non si può contrastare. Ci si può solo difendere disertando i ristoranti musicarelli, i supermercati musicarelli, i taxi musicarelli... Ora esistono perfino le farmacie musicarelle! E poi frequentando la musica dal vivo il più possibile.”

Quando non è in giro per il mondo, compone in solitudine nella sua Corchiano, un piccolo paese in provincia di Viterbo dove ha le radici, la memoria.
“È un luogo al quale non posso rinunciare. Non so se favorisce la mia creatività ma di sicuro la mia serenità interiore, la pace dell’anima.”

Lei ha spesso dimostrato di possedere una coscienza politica e civile. Cosa pensa della situazione attuale nel nostro Paese, soprattutto per chi produce cultura? È ottimista per il futuro?
“Qualcosa nelle leggi dello spettacolo si sta facendo - ma certo, se continuiamo a sostituire un ministro ogni volta quando è a metà dell’opera, restiamo sempre da capo a dodici. In più mi sto seriamente interrogando chi e come possa essere il candidato ministro della Cultura del Movimento 5 Stelle. Per ora non so proprio darmi una risposta.”

Michele Alinovi 10/06/2017