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La Femme in Piazza Farnese per la Festa della Musica: intervista - anarchica - prima del concerto

Cosa ci sarà dietro quel “Mystère” che dà il titolo al secondo album di La Femme, la band originaria di Biarritz, parigina d’adozione? Pubblicato a tre anni di distanza da “Psycho Tropical Berlin” (2013), la sua parola chiave è “anarchia”. Una libertà fresca, incurante dell’omogeneità di generi e stili, dalla new wave al rock psichedelico, dal krautrock allo yéyé. Il gruppo è corposo: attualmente sono 6 componenti. Inconfondibile è la voce flebile, femminile (francesissima) della cantante Clémence Quélennec, l’unica donna tra Sacha Got, Marlon Magnée, Sam Lefèvre, Noé Delmas e Lucas Nunez Ritter. Il loro è diventato ben presto un successo internazionale che li ha portati, l’anno scorso, ad aprire le date del tour europeo dei Red Hot Chili Peppers.
L’Ambasciata di Francia in Italia li ha scelti per rappresentare la contemporaneità francese durante la Festa della Musica, il 21 giugno, a Piazza Farnese (Roma). Un concerto gratuito che celebra la grande manifestazione avviata dai cugini d’Oltralpe con la prima edizione del 1982, poi estesa in tutto il mondo negli ultimi anni. Nell’elegante giardino di Palazzo Farnese, qualche ora prima del concerto, abbiamo avuto modo di incontrare tre membri della band (Clémence, Lucas, Sacha) per capirne di più del loro “Mistero”.

Cominciamo proprio dal vostro ultimo album e dai testi. Sono molto diretti e dipingono un’immagine rappresentativa delle esperienze dei giovani tra i venti e i trent’anni. Una traccia si chiama “Où va le monde?” (trad. letterale “Dove va il mondo?”, ovvero “Dove andremo a finire?”). Quanta ironia c’è nel testo e quanto invece siete sinceramente preoccupati per come stanno andando le cose?
"Il titolo è abbastanza “pesante” in effetti, si potrebbe pensare che si tratta di parole altrettanto “gravi”. In realtà non è così serio come sembra. Non è una canzone politica, non parliamo, per esempio, della Corea del Nord. Parliamo però del punto di vista relazionale. È una frase che si potrebbe dire quando ti senti un po’ “apatico” rispetto a tutte le cose intorno, o quando ne hai abbastanza. In fondo c'è anche un messaggio positivo che vorrebbe dire: “non è così grave come stanno andando le cose”. È anche un modo per prendere distanza, con ironia, e pensare “c’è di peggio”".

Da italiani si sente un inconfondibile “tocco francese” nella vostra musica, che sembra un omaggio anche ai grandi nomi della seconda metà del ‘900 (Serge Gainsbourg e Françoise Hardy, per esempio). Come siete ispirati dalla Francia e da Parigi?
"Noi viviamo soprattutto l’est parigino. Le Canal St Martin, la Villette, Belleville... tutto ciò di cui abbiamo esperienza diretta. Ci piace molto fare feste negli ambienti artistici. La cosa migliore però è passeggiare la sera per Parigi, quando ci sono meno persone in giro o quando si fanno le ore piccole e si torna a casa alle prime luci del mattino: è tra i nostri momenti preferiti. Guardi l’alba, non c’è nessuno... Parigi è anche piena di musei, è da un po’ che non ci andiamo. E sicuramente è meglio guardare le cose dal vivo che immagini su internet".

E dal punto di vista artistico, da cosa siete ispirati?
Sacha: "Ora mi piace molto un certo tipo di musica spagnola, anche alcuni canti rivoluzionari iberici, che usano molte chitarre... ultimamente mi appassionano".

Quindi l’Europa del Sud, anche l’Italia potrebbe ispirarvi...
Sacha: "Certamente, soprattutto questo tipo di Paesi: viaggiando molto ci si accorge che ci sono posti dove la gente “sa vivere meglio”. Sanno vivere meglio, mangiar bene, escono e vivono le strade, sanno festeggiare e godersi la vita. Non vivono solo per lavorare e lavorare, come accade in alcuni Paesi in Asia che ci hanno un po’ scioccato".Lafemme02
Clémence: "Io sono ispirata anche dalla musica e dall’estetica giapponesi".
Sacha: "Ci piacciono i Paesi esotici, anche molte cose dalla Turchia. C’è un sito che si chiama radiooooo.com dove puoi guardare tutti i Paesi per ogni epoca, e le persone condividono pezzi".

Domanda un po’ ironica: Lucas si è vestito con camicia e collarino ecclesiastico. È un omaggio intenzionale a Roma e al Vaticano?
Lucas: "Ero molto indeciso anche con l’abito da Cardinale (ride, ndr). In realtà io ho la mia spiritualità personale, non credo nel dogma. Però trovo che in questo abito ci sia molta classe, molto stile, sia cool. Era per sdrammatizzare. Abbiamo già acquistato in altri luoghi abiti da monaci... è anche un processo per mescolare diverse culture".
Sacha:"In più ci piace molto visitare tutte queste chiese. Poi Lucas si veste davvero con qualsiasi cosa..."
Clémence: "Ci piace molto collezionare oggetti tradizionali dai posti che visitiamo, soprattutto vestiti. Per esempio il nostro hotel ora era vicino a un negozio che vende abiti da prete..."

Siete qui a rappresentare la Francia, siete stati scelti in un certo senso come “simbolo della contemporaneità”. Cosa sta succedendo ora in Francia nella scena musicale?
Lucas: "C’è una domanda e c’è un’offerta (ride, ndr)".
Clémence: "Ci sono moltissime collaborazioni e molto più scambi tra gli stili musicali, soprattutto tra gli artisti della nostra generazione".
Lucas: "Anche fuori dalla Francia stiamo ricevendo moltissime influenze. È una scena veramente molto più aperta di prima".
Sacha: "Una scena molto variegata e aperta. C’è un po’ un ritorno di un “canto francese”, che è interessante. C’è una piccola scena a Parigi e lì alla fine tutti conoscono tutti. Però a livello musicale non c’è coerenza, non c’è una scena uniforme, ognuno ha veramente uno stile diverso dall’altro".

Un artista/un gruppo francese che consigliereste al pubblico italiano?
Risposta (quasi) all’unisono: "Jacques è forte!"

 Agnese Comelli 21/06/2017

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