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Giorgio Barberio Corsetti e gli allievi registi dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico al debutto il 23 gennaio con Incontri – Quattro Interni da Labiche

Attivo nel panorama teatrale dal 1976, regista considerato tra i principali esponenti del teatro di ricerca e reduce dal successo di Re Lear interpretato da Ennio Fantastichini, Giorgio Barberio Corsetti torna per la quarta volta alla guida delle giovani leve del teatro forgiate nella fucina dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica "Silvio d’Amico", presentando Involucri – Quattro interni da Labiche, in scena al Teatro dei Dioscuri dal 23 al 28 gennaio.

Dopo Pasolini, Von Kleist e Müller ora gli allievi registi si confronteranno con Eugène Labiche, come mai la scelta è ricaduta su questo autore?

Labiche è l’inventore di un genere considerato minore come il vaudeville da cui ha però avuto origine tutto il cinema comico. È teatralità pura giocata sul ritmo, la comicità arriva dal paradosso degli eventi che stritolano i personaggi facendo esplodere tutte le convenzioni borghesi. Non esistendo scene di stallo o di riflessione, gli attori devono superare ogni forma di psicologismo evitando di ricadere nei cliché del teatro comico, perché nel momento in cui un personaggio viene stereotipato non fa più ridere. Tutti questi elementi rendono Labiche un’ottima palestra sia per dei giovani registi che per dei giovani attori.

M° Corsetti potrebbe descriverci la genesi dello spettacolo?

Come negli anni precedenti, in un primo momento ho proposto un autore chiedendo agli allievi di documentarsi e poi loro hanno scelto quale opera mettere in scena. Ho incontrato gli studenti solo nel momento di iniziare a montare lo spettacolo. Devo ammettere che anche in questa fase ho cercato di lasciare i registi liberi di scegliere i costumi o le scenografie, ho solo voluto stimolarli dandogli degli input o degli spunti di riflessione.

Senza dubbio lei rappresenta un mentore per le nuove generazioni di registi e attori ma sono solo gli allievi a trarre insegnamento dalla sua esperienza o anche lei apprende qualcosa da loro?

Durante la fase creativa tra attori e registi a volte nasce una sinergia che è interessante anche per me, perché è come se vedessi qualcosa di organico che prende vita, il cui respiro rappresenta una fonte di nutrimento. Ogni anno succede qualcosa e mi fa rendere conto di come un giovane che assomiglia ad una pianticella fragile riesce a prendere il suo passo e a seguire il suo destino.

Facendo un gioco delle parti se dovesse essere lei a recensire “Incontri – Quattro interni da Labiche”, come lo descriverebbe al pubblico?

È uno spettacolo con cui si ride molto connotato da molta grazia, c’è molta energia ed alcuni degli attori hanno un enorme talento. Nella risata il pubblico troverà un elemento aspro che metterà in moto delle riflessioni sulla fatuità di alcune convenzioni e rapporti.

Dopo questo lavoro su Labiche cosa le riserva il futuro?

Mi hanno proposto di fare per il Festival di Tokyo ad ottobre L’opera da tre soldi di Brecht in giapponese con attori giapponesi. Adesso invece sono impegnato nel nuovo allestimento de La Sonnambula di Vincenzo Bellini per il Teatro dell’Opera di Roma.

Mirta Barisi

21/01/2018

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