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Focus Filottete: intervista a Marina Occhionero

A un anno dal diploma conseguito all’Accademia Nazionale d'Arte Drammatica “Silvio d’Amico”, la giovane promessa del teatro e del cinema italiano Marina Occhionero torna a collaborare con la scuola che l’ha formata. Dal 14 al 21 dicembre al Teatro Studio “Eleonora Duse” interpreta la Donna di Lemno nella riscrittura del Filottete di Letizia Russo messa in scena da Carmelo Alù per il suo saggio di diploma del Corso di Regia.

Sulla scena del Teatro Studio “Eleonora Duse” si sono esibiti ai loro esordi nomi del pantheon attoriale come Anna Magnani. Come ti senti a calcare questa scena? Come è stato tornare all’Accademia “Silvio d’Amico” da diplomata?

È stato come tornare a casa. Esattamente un anno fa di questi tempi ero in scena al Teatro Studio “Eleonora Duse” con altri allievi neodiplomati con lo spettacolo “Play Shakespeare” di Lorenzo Salveti. Noi allievi siamo abituati a frequentare il teatro sin dal primo anno, quindi non pensi più a chi è passato su quella scena perché è il teatro della Scuola. Certo, quando ti rendi conto…

Come è stato lavorare sotto la guida dell’allievo regista Carmelo Alù?

Mi sono trovata benissimo perché non mi sono sentita diretta ciecamente. Si è creato un bel dialogo, sia come regista-attrice sia come collega sulla scena [Carmelo Alù intepreta Neottolemo, ndr]. Mi ritengo molto soddisfatta e molto fortunata: è davvero fortuna quando ci si trova sulla stessa lunghezza d’onda.

Che tipo di lavoro c’è stato dietro la costruzione del personaggio drammaturgicamente inedito della Donna di Lemno?

Ho letto il testo una ventina di giorni prima dell’inizio delle prove. Ho trovato molti indizi nella scrittura della drammaturga Letizia Russo, ma al contempo è stato bello notare che la scrittura era aperta a interpretazioni. Per la costruzione del personaggio, Carmelo Alù ha dato una massima libertà, alla quale è seguito un lavoro di ricerca collettiva. Direi che, all’atto pratico, non si è trattato della costruzione di un personaggio, ma di un attraversamento del testo insieme agli altri colleghi. A parte l’indicazione iniziale del testo, cioè recitare la mano destra, nessuno di noi aveva un’idea precisa dell’effetto finale dal momento che non ci sono dei precedenti. Abbiamo cercato di capire che direzione far prendere al personaggio lavorando soprattutto sulle relazioni con gli altri personaggi, a cominciare da Paolo Musio, non sembrava possibile stare tutto il tempo sulle spalle di Filottete, ma poi durante le prove abbiamo visto che funzionava. C’è stato, poi, un approfondimento degli aspetti fisici e linguistici richiesti a un personaggio che doveva essere molto radicato e concreto. La lingua suona arcaica, senza essere grezza. Mi sono fatta spiegare la sua grammatica dalla drammaturga: la sua idea consisteva nel rendere l’italiano una lingua regolare, soprattutto nelle coniugazioni verbali. Mi sono resa conto che c’era bisogno di parlare lentamente e di lavorare sulle scansioni, come fosse un testo in versi, per consentire al pubblico di abituarsi ad una lingua che non è l’italiano corrente. Mi domando che effetto abbia sul pubblico, sarei curiosa di sentirla.

Come è stato lavorare con un big come Paolo Musio?

Una grandissima esperienza. È stata una fortuna poter condividere il lavoro fisico che lui si porta dietro, specialmente in quanto allievo di Terzopoulos. Di fatto è stato un grande esercizio, un modo per proseguire la mia formazione. C’è stato un lavoro di grande ascolto reciproco per trovare complicità ed equilibrio e per non ostacolarci visto il mio ruolo rispetto al suo: nel testo sono letteralmente la sua mano destra. Anche se fisicamente impegnativo, abbiamo trovato un modo per capirci sulla scena.

Nel 2017 sei stata impegnata con la Ragazza nella nebbia di Donato Carrisi e con L'età imperfetta di Ulisse Lendaro. Come vivi il rapporto tra teatro e cinema? Sei più orientata verso il teatro o verso il cinema?

Sono evidentemente ambienti diversi, ma al momento non ho preferenze: tutto dipende dai progetti. Quello che mi interessa è un progetto in cui l’attore sia parte della creazione, una dinamica che può verificarsi tanto sul set quanto a teatro. Mi piace il lavoro di gruppo e la condivisione di un progetto comune. Con Carmelo è successo: solo un rapporto di fiducia garantisce la crescita del lavoro.

Nel 2016 hai concluso il tuo percorso di formazione all'Accademia “Silvio d’Amico”. Quali consigli daresti a un neoallievo del Corso di Recitazione? 

Gli direi di fare attenzione a riconoscere sempre che questo lavoro è una parte della nostra vita. È importante non annullarsi completamente ma, al contrario, ritagliarsi sempre del tempo e dello spazio perché c’è dell’altro che nutre il lavoro.

Quali sono i progetti in cantiere?

A gennaio sarò impegnata nelle riprese di un film. A marzo, invece, inizierò la tournée de La cerimonia di Oscar De Summa.

Alessandra Pratesi

18/12/2017

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