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Recensito incontra Arturo Cirillo. Un amore incondizionato per Fassbinder

Fassbinder – Non c’è amore senza dolore. Tre opere, tre studi degli allievi registi dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”, curati dal Maestro Arturo Cirillo che abbiamo incontrato per rivolgergli alcune domande. Un progetto lungo tre mesi, una scelta coraggiosa che definisce non solo i punti di forza, ma anche i limiti del più importante autore europeo della sua generazione. Un mondo immaginario fantastico, pieno di luoghi realistici, di suoni, di odori e sensazioni in cui ritrovare se stessi e la salvezza.

C’è stato un motivo particolare per cui ha proposto Reiner Werner Fassbinder ai tre allievi registi dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”?

In realtà l'idea di fare Fassbinder è nata da uno di loro, poi incominciando a leggerlo ci siamo tutti appassionati alla figura di quest'artista, alla sua drammaturgia e alla visione di alcuni suoi film.

Lei ha recitato in Libertà a Brema, sente una particolare vicinanza all’autore tedesco?

Sento una notevole vicinanza in primis verso l'uomo Fassbinder il quale mi ispira una certa simpatia, oltre al bisogno d'amore che esprime nelle sue opere, almeno in tutte quelle che abbiamo letto o visto in questo periodo. Vi è una dissipazione di sé e una capacità di parlare delle proprie fragilità che mi affascina molto.

Come si è rivelata l’esperienza, complessivamente, della messinscèna di questi testi molto diversi tra di loro?

Quello che faccio ormai da qualche anno all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” sono delle esercitazioni degli allievi registi con la mia cura, o se rende meglio l'idea, con la mia supervisione. Cerco quindi, anno dopo anno, di imparare a non sostituirmi all'allievo e soprattutto a cercare di rispettare la sua visione, o aiutarlo a trovarla, provando allo stesso tempo a non fargli fare troppi errori. Non so dirle quindi come io avrei fatto questi tre lavori, ma posso confermarle che quella di Fassbinder è una scrittura difficile. È complicata perché il suo mondo artistico nasce dal suo mondo esistenziale: dai suoi amici, dalle sue attrici, dai suoi amanti, da sua madre che è apparsa in alcuni suoi film (tra cui Effi Briest). Penso quindi che sia importante per chi lo affronta portare molto di sé, trovare un proprio coinvolgimento personale. Anche se sono quasi sempre dei personaggi che non si conoscono, e alla ricerca di se stessi, questo non deve portare a un’afasia, ma anzi a una contraddittorietà dei propri sentimenti, a un’infelicità allegra, a «un ridere per non piangere» per citare Beckett. Serve molta vita per recitare Fassbinder, anche se un certo clima anni settanta che aleggia nei suoi film, anche un certo minimalismo della sua scrittura, porterebbe verso un astrattismo, che invece mi pare che non gli giovi. Credo che questo sia stato il più grande problema in cui ci siamo imbattuti: io, gli allievi registi e gli attori. Ma è un’esperienza che ho trovato interessante e che sospetto ci porteremo dentro per un po'.

Qual è stato il punto di partenza? Come vi siete accostati a testi che Fassbinder aveva pensato subito per il cinema, come UN ANNO CON TREDICI LUNE e KATZELMACHER e solo dopo un anno dal debutto in teatro trasposto per lo schermo cinematografico, LE LACRIME AMARE DI PETRA VON KANT?

Lavorare sull’autore tedesco vuol dire scontrarsi con le contraddizioni, tra cui anche quelle di lavorare su una scrittura che non è mai molto teatrale, come lo può essere Molière, Williams, Shakespeare, per citare tre autori affrontati negli anni passati. L'opera di Fassbinder mi appare come un’opera incompleta, inquieta, che spesso nega se stessa.

Lei ha lavorato per molti anni al fianco di Carlo Cecchi: qual è la lezione più importante che le ha trasmesso? E in che modo il metodo di lavoro che ha appreso oggi si riflette sul suo lavoro di insegnante?

Da Carlo ho imparato l'importanza e la centralità del lavoro con gli attori. Mi ha spiegato che la regia è quella cosa che c'è, ma non si deve vedere troppo, e che bisogna fare in modo che un testo fiorisca nel corpo degli attori per arrivare al pubblico, altra figura di non poca importanza. Ho appreso anche molte altre cose, ma questa è forse la più importante.

Francesca Fazioli
04/04/2017

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