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Duplice occasione per riportare alla luce una creazione coreografica che Julie Ann Anzilotti ha presentato nel 1993: Fabbrica Europa di Firenze e Progetto RIC.CI – Reconstruction Italian Contemporary Choreography Anni 80/90, curato da Marinella Guatterini. “Erodiade – Fame di vento” rientra nel processo di ricerca spirituale e mistica che rappresenta un leitmotiv nel percorso artistico della coreografa Anzilotti. Si ispira all’omonimo poema incompiuto di Stéphane Mallarmé, un mito al femminile intriso di sentimenti come la solitudine, l’insoddisfazione e la sensualità. Erodiade Anzilotti2 minLa messinscena è arricchita dalle scenografie firmate Alighiero Boetti, deceduto nel 1994 ma costruttore di una dimensione «sacrale», semplice ma evocativo e segno dell’incontro fecondo tra danza e arti figurative. Una danza sulle musiche di Paul Hindemith, Walter Fähndrich e Wolfang Rihm e sulla voce fuori campo di Gabriella Bartolomei, espediente utilizzato anche in altre creazioni come “… E d’oro le sue piume”. Un’opera scelta e riproposta per costruire un repertorio di danza contemporanea a partire da lavori nati e fruiti negli anni Ottanta e Novanta, esempi di contemporaneità nel campo della cultura del movimento. In scena cinque personaggi femminili (Nutrice, Angelo, Spirito del Bene, Spirito del Male, Erodiade) e uno maschile (Giovanni Battista) in una performance che si avvale di costumi tradizionali nella danza contemporanea ma anche di relitti del balletto: un paio di scarpette con la punta di gesso, non convenzionalmente rosa ma nere. «La protagonista dello spettacolo Erodiade è “affamata di vento”, come mi suggerì lo stesso Alighiero Boetti durante i nostri incontri per l’ideazione della scenografia: vuole e ottiene tutto, ma poi resta più sola e vuota di prima, ancora alla ricerca di qualcosa che le piace» afferma Julie Ann Anzilotti. Tra voglia di conoscere il mondo e limiti imposti, si presenta sul palco del Teatro Goldoni una nuova Erodiade che esplora soprattutto sé stessa. Una danza giovane che porta con sé l’ingenuità di danzatrici forse poco consapevoli dell’importanza del tema e dell’azione di rimessa in scena a distanza di anni ma portatrici di una purezza di cui il mito deve farsi specchio per rendersi universale, senza tempo e senza luogo. Fondamentale in questo esperimento il rapporto tra vecchi e nuovi interpreti, dove i primi possono essere di aiuto e consiglio, cercando di trasmettere ai nuovi un sentimento che, a distanza di tempo e nonostante la perfezione tecnica, può andare persa.

Benedetta Colasanti 14/05/2018

 

Fabbrica Europa è un viaggio trasversale attraverso discipline e culture diverse, una vetrina internazionale per coreografi, musicisti e performers, un luogo di incontro fra diverse idee di creazione. Essenza è la parola chiave della XXV edizione che nel 2018 occupa, oltre ai canonici spazi della Stazione Leopolda e del Teatro Cantiere Florida, anche il Teatro Goldoni, il Teatro Studio Mila Pieralli di Scandicci, la Limonaia di Villa Strozzi e il PARC ex Scuderie Cascine, un nuovo luogo di conoscenza, indagine e sperimentazione in cui i giovani artisti avranno la possibilità di mostrare al pubblico le proprie opere. Il festival si svolgerà dal 4 maggio al 10 giugno e vedrà tra i momenti cardini del 2018 l’esibizione in prima nazionale firmata Anne Teresa De Keersmaeker e Compagnia Rosas: al Teatro della Pergola andrà in scena “Mitten wir im Leben sind/Bach6cellosuiten” con cinque danzatori su musica di Bach, suonata dal vivo dalla violoncellista Jean-Guihen Queyras.

5.TeatrulNottaraFotoAdiBulboaca min minTra prime nazionali e assolute, tra riproposte e omaggi, tra musica, teatro, danza e influenze reciproche tra discipline e tradizioni internazionali, Fabbrica Europa si muove in direzione del futuro, non per celebrare il venticinquesimo anno di lavoro ma per rinascere con un nuovo anno zero. Aprirà il festival Sang Jijia dal Tibet con “Re-Mark”, un’indagine sul corpo, sullo spazio e sulla memoria; le stesse tematiche sono affrontate da Salvo Lombardo con “Present Continuous”, dal duo Elisa Capecchi e Sara Campinoti con “Smash your mask” e da Olimpia Fortuni con “Soggetto Senza Titolo”. Altri artisti esplorano e superano il confine tra pubblico e palcoscenico; è il caso di Wim Vandekeybus con “Go Figure Out Yourself” e di Benoit Lachambre con “Lifeguard”. Ancora su musica classica danzeranno il tunisino Radhouane El Meddeb in un dialogo immaginario con il padre al ritmo di Bach e la francese Leila Ka sulla musica di Scubert. In un curioso spettacolo tra pattini a rotelle e danza, l’artista franco vietnamita Xuan Le con “Boucle”. Dall’Italia Julie Ann Anzilotti e la Compagnia Xe in “Erodiade. Fame di vento 1993/2017”, un recupero della pièce ispirata al poema incompiuto di Mallarmé ripresa dopo ventiquattro anni dalla prima messinscena. Cristina Kristal Rizzo omaggia Anna Pavlova con una rilettura della Morte del Cigno del 1924. Davide Bombana dialoga con l’”Arcaico” unendo i danzatori del Balletto di Roma con la musica di Katia Pesti e la voce dell’africano Gabin Debiré. Altri progetti internazionali sono quelli realizzati da Annamaria Ajmone con Marcela Santander e da Martina Francone con Anna Till e il musicista Dalibor Kocian. Aprono un dibattito sulla natura e sull’individualità Patrizia de Bari di Giardino Chiuso e Simona Bucci.

1.SANG JIJIAph.S.Jijia minSul fronte teatro, Mihai Manitiu dal nord con “Winter” e Roberto Bacci con “Quasi una vita. Scene dal Chissàdove”, presentato dalla Fondazione Teatro della Toscana in occasione di Fabbrica Europa. Si ispira alla letteratura è anche “L’ANITRASELVATICA” di Federica Santoro e Luca Tilli. Non solo la danza ma anche la musica dialoga con le altre arti e con sé stessa, operando a partire dalla tradizione folcloristica e in direzione dell’innovazione. Dall’Inghilterra John Parish tra cinema e concerto live; dalla Bosnia Natasa Mirkovic con Michel Godard (serpentone), Luciano Biondini (fisarmonica) e Harrod Cagwin (percussioni); dall’Ucraina il gruppo DhakaBrakha in uno stile tra elettronica e hip hop; dal Brasile Tulipa Ruiz. Arriva a Firenze anche Mark Guiliana con il suo Jazz Quartet mentre, nell’ambito della sperimentazione giapponese, Otomo Yoshihide e Chris Pitsiokos si incontrato in un concerto creato in collaborazione con Tempo Reale. Non ultimo l’uso dei mezzi multimediali, sia come incremento della messinscena musicale e di danza sia come spettacolo a sé stante con creazioni site specific e happening, fiore all’occhiello di ogni evento danzante. Da una parte la tecnologia sembra voler prendere il sopravvento catturando e riproducendo lo spettacolo, dall’altra viene riconfermato il carattere effimero dell’evento performativo.

Benedetta Colasanti 18/04/2018

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