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Raccontare Pasolini: Graziella Chiarcossi ripercorre il processo creativo dell’artista

Lettere, appunti, poesie scritte su taccuini, fotografie, articoli di giornale e filmati sono fonti davvero preziose per far luce sul metodo di lavoro di un artista. E l’incontro con Graziella Chiarcossi Cerami, che si è tenuto il 14 marzo 2017 presso l’Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini, è stata un’occasione per ricostruire parte del percorso artistico di Pasolini. La cugina dell’artista, che cura da quarant’anni l’opera del Poeta e la conservazione, catalogazione e studio del suo Archivio privato, ha scelto di mostrare alcuni documenti risalenti al ‘62, al ‘63 e ‘64, anni cruciali per Pasolini e più in generale per la storia italiana.
Chiarcossi ha scandagliato il materiale relativo ai film “La Ricotta” (1963), “Sopraluoghi in Palestina per il Vangelo secondo Matteo” (1964), “Il Vangelo secondo Matteo” (1964).Vangelo01
Tra la stesura del copione de La ricotta, nella primavera del 1962, e le riprese, effettuate nell’autunno dello stesso anno, ci ricorda la filologa, si colloca il soggiorno di Pasolini presso Assisi. Ogni anno, infatti, tutti i registi italiani ricevevano lettere d’invito al convegno dei cineasti che si svolgeva ad Assisi per iniziativa di don Giovanni Rossi e dei volontari della Pro Civitate Christiana, tra cui Lucio Settimio Caruso. La lettera arrivò anche a Pasolini. Ma chi mandava quell’invito sperava in realtà che Pasolini non lo accettasse perché, nel clima che si respirava in quegli anni (prima del Concilio Vaticano II), una sua eventuale presenza ad Assisi era ritenuta imbarazzante. L’artista accettò di recarsi ad Assisi per partecipare al convegno che ci sarebbe stato ai primi di ottobre del 1962. Venne, ma non prese parte ai lavori del convegno. Rimase chiuso in camera dicendo che aveva un forte mal di testa. Trovò sul comodino accanto al letto il Vangelo di Matteo, iniziò a sfogliarlo e ne rimase colpito. La Chiarcossi ha riferito, rispolverando un dattiloscritto (“Il dovere di uno scrittore”), che PPP lesse il volume voracemente come fosse un romanzo carico di una tale vitalità che scatenò in lui il desiderio di farci un film. La filologa prosegue con il mostrarci le pagine della sceneggiatura che in seguito Pasolini stese: non era una sceneggiatura vera e propria, ma il testo del Vangelo di Matteo intercalato con alcune note di regia.
Consultando altri documenti sappiamo che Don Giovanni insistette perché prima delle riprese del “Vangelo” Pasolini facesse un viaggio in Terra Santa. Per Pasolini quel viaggio fu una delusione pratica che lo fece approdare a una profonda rivelazione estetica, dice Chiarcossi. Infatti abbandonò l'idea di girare il film in Palestina e finì per ambientarlo nell’Italia centro-meridionale, in particolar modo a Matera, dove i paesaggi conferirono all’opera quel sapore/fascino rupestre e sacro che si respirava nella Gerusalemme del tempo di Cristo.Ricotta02
Infine l’ospite ha ricostruito, sulla base di documenti di archivio, le diverse fasi dell’elaborazione del progetto “La Ricotta” e della sua realizzazione; ha ripercorso l’itinerario delle disavventure giudiziarie nelle quali il film è incappato in occasione di un clamoroso processo che si concluse con la condanna del suo autore a quattro mesi di reclusione, con la condizionale, per il reato di vilipendio alla religione dello Stato.
Infatti, nel riproporre con mezzi cinematografici i due quadri di Pontormo e del Rosso in sequenze a colori che si inseriscono a contrasto nel bianco e nero del film, Pasolini ne esalta l’eleganza che caratterizza il loro stile. Nel contempo però ne sminuisce l’ostentata e non del tutto sincera sacralità mettendo nelle riprese una serie di elementi di disturbo, che funzionano come vere e proprie gag, in palese contrasto con l’argomento religioso del soggetto.
Per questo, nel girare “La ricotta”, attribuisce al personaggio del regista i tratti tipici di un intellettuale del XX secolo, arido e cinico, che non crede in quello che fa. Sembra che Pasolini faccia compiere al personaggio di Orson Welles gli errori che non avrebbe voluto fare lui quando si sarebbe trovato sul set del suo “Vangelo”.
Attingendo ai documenti, che costituiscono il Fondo Pasolini conservato presso l’Archivio contemporaneo A. Bonsanti del Gabinetto Vieusseux di Firenze, Graziella Chiarcossi ha evidenziato l’importanza del processo lavorativo - in un determinato momento storico - che finisce per divenire opera, assumendo lo stesso peso e interesse del prodotto finito. La testimonianza viva della donna ci ha regalato un incontro per capire l’essenza di un’artista ma soprattutto di un uomo, Pasolini: una bandiera simbolo della libertà artistica, intellettuale, umana.

Penelope Crostelli 15/03/2017

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