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“Origami”: la nuova e delicata “piega” di Joe Barbieri

Lug 28

La vita ci consegna un foglio bianco sul quale scrivere la propria storia, incidere i segni di una vita fatta d'incontri, sensazioni e scelte e che, una volta (ri)letto, possa diventare un piccolo album da ripiegare, custodire e proteggere. Joe Barbieri per il suo quinto album d’inediti "Origami" (titolo quanto mai suggestivo) uscito lo scorso 9 giugno per la Microcosmo Dischi, apre quel foglio e ci parla di pieghe, di tocchi leggeri, sottili e decisi, della bellezza che esiste dentro le storie, anche le più sofferte e malinconiche.
È l’arte di piegare la carta, la capacità, e soprattutto la volontà, di trasformare qualcosa di apparentemente semplice – come può essere la vita stessa – in altro, declinarla secondo un’emotività da abbracciare senza compromessi dove «convivono vulnerabilità e bellezza, rigore ed essenza, accettazione e cambiamento, densità e leggerezza». Una perfezione, in sostanza e forma, che l’autore napoletano continua a ricercare album dopo album, concerto dopo concerto. Il suo percorso, costellato di ottimi riscontri della critica e di premi – come il “Lunezia” nel 2009 per «il particolare valore dei testi» di “Maison Maravilha” – si snoda attraverso tocchi jazz, bossa nova e incursioni di world music che gli hanno permesso di scoprire e creare un linguaggio personale sempre riconoscibile, che si inserisce a pieno titolo nella schiera di cantautorato raffinato che riporta a Luigi Tenco, Piero Ciampi, Claudio Lolli, Sergio Endrigo fino ad Antonio Carlos Jobim e Luiz Bonfá.
A due anni di distanza dall’ultimo lavoro “Cosmonauta da appartamento”, viaggio ispirato alle poesie di Kavafis, Barbieri offre una condensazione di quella filosofia orientale fondata sulla dialettica tra forza, fragilità e precarietà interiore, di un uomo che si nutre di piccole e preziose cose, esperienze, ricordi, armonie delicate e timbri diversi che s’intrecciano nelle undici tracce. Presentato con l’uscita del singolo “Una tempesta in un bicchier d’acqua”, il disco trova naturale prolungamento nel tour che lo ha visto – insieme ai compagni Antonio Fresa (pianoforte), Stefano Jorio (violoncello), Giacomo Pedicini (contrabbasso) e Sergio Di Natale (batteria) – fare tappa il 24 luglio alla Casa del Jazz di Roma per la rassegna di concerti all’aperto “Summertime 2017”.

Aperto dalla giovane siciliana NaElia, il concerto parte dalla prima traccia di “Origami”, un ritorno non certo in “Un posto qualunque” ma in quel «piccolo cortile» che rassicura in una situazione intima di un tempo lento, addolcito dal timbro avvolgente di un flebile flauto. È subito saudade quella che s’inizia a respirare, alternata agli slanci più manouche di “Tu mi dimentichià la Django Reinhardt/Stéphane Grappelli; si passa dall’universo pieno di speranza di “Una cicatrice ed un fior”, curata e cresciuta dal delicato fiato dell’armonica di Giuseppe Milici che riporta alla memoria percorsi sonori dell’indimenticato Toots Thielemans, alle arcate profonde e sincere del violoncello che spingono quell’andamento quasi da ninna nanna che è “Mia divina”.Barbieri2
Proseguendo l’ascolto delle tracce, è notevole la percezione di una raggiunta maturità (musicale, vocale e nei fantasiosi, leggeri e ispirati testi) di Barbieri che, in questa nuova avventura, ha messo tutto il meglio della propria sensibilità: un jazz a tratti d’altri tempi, di respiro ampio che si carica di modulazioni e costruzioni eleganti, con andamenti melodici morbidi e definiti, tratteggiati dal canto limpido, sofferto e “almost blue”. Come quello della tromba di Paolo Fresu, con cui collabora in “Rinascimento”.
Se la pienezza che troviamo nell’intero album da un lato viene leggermente persa nell’esecuzione live in una situazione più da classico combo jazz ristretto, dall’altro presenta un’altrettanto disarmante ricchezza sonora. Senza nemmeno accorgercene, siamo trascinati dentro un vortice palpitante di emozioni al quale è inutile resistere, una «meraviglia» già riversata in altri brani – “Zenzero e cannella”, “Itaca”, “Sostanza e forma”, “Subaffitto”, “Pura ambra” – che vengono riproposti con grande partecipazione del pubblico. Certo è che ci si muove in una comfort zone. Barbieri “testardamente” si aggrappa a se stesso come a un filo sottile di una giacca che ogni volta, con grande sorpresa, riesce a fornire un nuovo piacevole tassello, una nuova cucitura che rende più sicura e resistente la vita in questo «mondo di matti».
Sono indubbie la qualità, la ricercatezza, l’onirico lirismo distillati in “Origami”: ci ferisce con le parole e si espone senza protezione davanti a quelle domande quotidiane sul futuro che abiteremo, o sui desideri a cui fare riferimento per vivere. In questo modo, l’anima diventa prigioniero e carceriere delle più remote emozioni e necessità che il cantautore si è concesso, si concede e ci concede con grande affetto per portarci, anche solo per un attimo, fuori da un'oscura zona d’ombra diventando, invece, novella «chiara luce di un’alba» per ritrovare se stessi e riscoprirsi, ancora una volta, felicemente fragili.

Marco La Placa 28/07/2017

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