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Erica Mou pianta la sua “Bandiera sulla luna”

Gen 09

“Bandiera sulla luna” è il titolo dell'ultimo lavoro di Erica Mou (Musci). Tredici tracce composte fuori porta (che per la cantautrice ventisettenne si apre in Puglia), nate nel giro di un anno tra Roma, Francia, Portogallo e Cambogia, e divise in due metà perfette: le prime sei rappresentano «un viaggio di andata, di ricerca, di demolizione, di inquietudine» -racconta la cantautrice stessa- e sono il baluardo di «una generazione intera, che si sostiene come può». Le seconde sei sono «l'arrivo sulla luna», uno spalancare di occhi meravigliati che guardano al nuovo con la carica leggera di chi ha trovato il proprio punto di ri-partenza. Al centro esatto, nel cuore dell'album, trionfa il tributo ai cinquant'anni di “Azzurro”. Riletto in chiave acustica, l'intramontabile gioiellino cantato da Adriano Celentano perde in questa versione la vitalità e la leggerezza donate dalla musica di Paolo Conte, malinconicamente trasformata in un esercizio interpretativo che apre le porte alle seconda metà del disco. Mentre infatti l'attacco parla con entusiasmo e dinamismo, dalla settima traccia in poi si scala la marcia e ci si avventura lungo percorsi più ostici e faticosi.
Svuoto i cassetti” è una vera e propria opening track, in cui il pendolare preciso tra beat e vocalizzi rivendica l'autonomia di chi ha saputo mettersi in viaggio e ripartire. E siccome tutte le strade portano a Roma, è proprio qui che Erica Musci approda con la terza traccia “Roma era vuota”, che non può che richiamarecoverericamou alle nostre menti le sonorità e le timbriche di Elisa, aggiungendosi ai nostalgici tributi alla città eterna. Un altro malinconico amore, insomma, che dopo Rascel, Lando Fiorini, Venditti, Niccolò Fabi, si rifugia e si perde tra le strade della città eterna. La tenace rivincita della femminilità si culla sulle note di “Ragazze posate”, scaldando il terreno per “Irrequieti”: qui il giustissimo arpeggio elettronico della prima strofa viene, a nostro avviso prematuramente, distratto dagli archi del ritornello, di gusto spiccatamente sanremese. Gusto che si ritrova in “Al freddo”, dove la grana ritmica fatta di contrappunti e rimbalzi ricrea atmosfere soft-rap.
Come già anticipato, “Azzurro” segna un cambio netto nell'andatura del disco: già dall'ottava “Arriverà l'inverno” la chitarra di Erica Mou sembra farsi più riflessiva, calma, cantautorale. L'utilizzo dell'elettronica sparisce quasi totalmente e “Bandiera sulla luna”, brano portavoce dell'album, è un “ciao con la mano” a un qualcuno o a un qualcosa che non è più “l'unica bandiera sulla luna”. Testi e melodie, insomma, si fanno più seri e introspettivi, addentrandosi pericolosamente in sentieri eccessivamente autonomi come per “Non so dove metterti”. Voci e cori giocati a piani differenti ci hanno ricordato una Giorgia dei primi tempi, ma a questo pezzo sembra mancare la chiave che lo mette davvero in moto. E se “L'unica cosa che non so dire” -tredicesima e ultima traccia- taglia con deliziosa furbizia l'ultimo levare nella frase “qui ci vorrebbe un finale ad effetto”, “Canzoni scordate“ e “Souvenir” sono la chiusa romantica di questo quinto lavoro in studio di Erica Mou, edito dall'etichetta milanese Godzillamarket. Malinconia, rabbia e dolcezza si adeguano in un continuo saliscendi di intensità, puntando i riflettori sul suo cavallo di battaglia: la voce. 
“Bandiera sulla luna” è un album in cui l'equilibrio gioca un ruolo fondamentale: la suddivisione delle tracce, il tributo nazional-popolare, la delicatezza e semplicità dei testi, le melodie orecchiabili. Tutto è ben calibrato per accogliere il gusto del pubblico, e le carte sono perfettamente in regola per vivere nelle playlist di giovani innamorati, o tra le hit di qualche radio.

Elena Pelloni 09/01/2018