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“Effecinque”: il nuovo album dei Differènce è punk sincero per cuori infranti

Set 22

«I cuori non sono tutti uguali. Si modellano, si sagomano, sulle esperienze. Come un tronco che cresce storto adattandosi a quello che c’ha intorno». Questa frase circonda un cuore che campeggia, enorme, sulle pagine di “Kobane Calling” di Zerocalcare. Lo stesso cuore sembra fare capolino sulla copertina di "Effecinque" dei Differènce, album uscito lo scorso 31 marzo per DDPD Records. Anzi, no: è un cuore del tutto diverso, con quelle cicatrici e quelle ammaccature che lo rendono unico. Un cuore che non si trova lì per caso: è il vero protagonista di un album che non esita a mettersi a nudo. “Effecinque” è estremamente diretto e si serve di unaEffecinquecover2 formula scarna ed essenziale, già sul piano della formazione: con Maurizio Lollobrigida, voce e chitarra, ed Enrico Strina, voce e batteria. 
Un assetto minimalista che si rispecchia anche nella musica, inondata da una ritmica ossessiva cui spetta il compito di raccontare battiti accelerati, tormenti e quiete. L’album segue di tre anni “Agosto Divide” e, come i precedenti lavori, è interamente autoprodotto: un disco registrato e missato in casa che, in effetti, fa respirare un certo teen spirit, nonostante le sofferenze cantate siano quelle “adulte” che derivano dal declino di una relazione amorosa. Sembra di entrare in una sala prove ricavata in un garage e ci si addentra in una fitta rete di rimandi: la più acerba attitudine punk adolescenziale incontra il recitato, sollecitando e solleticando l’orecchio dell’ascoltatore tanto con la vivacità emiliana degli anni Ottanta, quanto con progetti relativamente giovani (Il Teatro degli Orrori, Gazebo Penguins) e riverberandosi in rivoli di rabbia e delusione che arrivano persino a lambire il Remo Remotti di “(Mamma) Roma, Addio!”.
Con ogni brano i Differènce entrano a gamba tesa nell’intimità sgretolata, facendosi largo tra i cumuli di macerie, di ricordi e di recriminazioni. I due alla voce non si risparmiano: tirano fuori indignazione e rimorsi, come in “Esiziale”. Un brano insolitamente lungo, per la media di Effecinque, che al quinto minuto, come un pugile sfinito, si accascia ma non cede: dopo una chitarra che tuona imperiosa, il silenzio, per poi riprendere con un tintinnio di piatti paranoico. “Se tu non lo sapessi” cattura una vena malinconica e scanzonata, senza risultare contraddittoria con il mood di base dell’album e, con leggerezza, dice: «Lei ha preso le sue scarpe nuove/Ha deciso di partire […] Lei è come un fiore/Non si vergogna di appassire».

Si avvicendano le tracce, come iniezioni di adrenalina, tra ritmica serrata, visceralità e testi che, a tratti, languono un po’, oscillando a volte tra ridondanza («Io non credo più alle cose che dovrei/E non cerco mai problemi tranne me», “Le stanze”) e stucchevolezza («Ho cercato di essere più debole di te», “Potevamo fare anche peggio”/«Giocavo con il tuo cervello esiziale», “Esiziale”).
Il finale è affidato a “Potevamo fare anche peggio”, a base di fiele, e “Resina XL”, brano più lungo che si riannoda alla già citata “Esiziale”, come una notte insonne in cui gli stati d’animo si avvicendano rapidamente. Una chiusura inquieta e a tratti rassegnata, in cui sembra quasi che l’irruenza dei brani precedenti sfoci in un silenzio trapuntato di dubbi che prendono il sopravvento quando tutto ormai è finito e non c’è più neanche tempo per sputarsi addosso il veleno. Si conclude così il nuovo lavoro dei Differènce, con significative variazioni di ritmo che sembrano quasi disegnare l’andamento dell’umore, il turbine dei pensieri, per poi cedere alla stanchezza e provare a premere quel tasto F5 di refresh per concedersi un nuovo inizio.

Letizia Dabramo 22/09/2017

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