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Carmen Consoli live a Roma con “Eco di Sirene”: quando il canto è un incanto

Mar 06

"Nessuno è mai passato di qui con la nera nave / senza ascoltare dalla nostra bocca il suono di miele, / ma egli va dopo averne goduto e sapendo più cose".

Con queste parole, nel XII libro dell’Odissea, le Sirene cercano di conquistare Ulisse, di convincerlo a lasciarsi andare al loro canto. L’astuto eroe saprà vincere il richiamo facendosi legare all’albero maestro, rinunciando a turarsi le orecchie per godere della melodia senza subirne le fatali conseguenze. Secondo la tradizione, a quel punto Ulisse e i suoi compagni sono nei pressi di un’isoletta nel Mediterraneo vicina alla Sicilia (poco dopo, infatti, si imbatteranno nei mostri Scilla e Cariddi, lo stretto di Messina).
Ci si sente un po’ Ulisse, qui, seduti sulle comode poltrone della Sala Petrassi nell’Auditorium Parco della Musica di Roma, nella serata del 4 marzo che, pur promettendo pioggia e gelo, è densa di Sicilia. E lei, Carmen consoliConsoli, cantautrice tra le più preziose e originali per stile e timbro e penna e plettro, è la sirena madre: quella che ci lega e inchioda senza scampo. Lei, sì, perché noi, a differenza di Ulisse, già al primo arpeggio, a sipario non ancora ammainato, siamo caduti nell’incanto e già non siamo più autonomi nel corpo e nella mente. È lei, la ‘Cantantessa’, che fa tappa a Roma col suo “Eco di Sirene”, tour acustico e intimista che risponde a un’esigenza di comunicazione tutta interiore: non c’è promozione, non c’è un nuovo disco (l’ultimo, “L’abitudine di tornare”, del 2015, ha già avuto la sua trionfale tournée). C’è, e si capisce dall’emozione che traspare dalla voce e a dagli occhi di Consoli, quasi fosse la sua prima volta, una voglia di scandire il proprio "presente!" in un momento storico e culturale di buio pesto.
Sì, perché all’incantesimo di un concerto che gioca sull’evocazione e sul lirismo, con un palco trasformato in un antro abissale al cui centro si staglia semicircolare una conchiglia, Consoli affianca una sana e mai scontata dose di polemica e politica (nel senso generico, e alto, altissimo, della parola). Ecco che allora, dopo averci assuefatto con la magia di “Sulle rive di Morfeo”, “Parole di Burro” e “Il sorriso di Atlantide” (terzetto tutto mitologico e poetico, quasi Morfeo e il celebre «Narciso» ci accompagnassero tra la schiuma e le valve a riscoprire Atlantide), Consoli si infiamma con “Geisha” (forse il momento più alto dell’intero spettacolo). Fanno quindi il loro ingresso altre due sirene, Emilia Belfiore con il suo violino e con il violoncello Claudia Della Gatta, per prenderci emotivamente a schiaffi con consoli5Mio zio” – canzone drammaticamente narrativa su una storia di pedofilia – e “Eco di sirene”. E proprio nel presentare il brano che dà nome al tour, la cantautrice non usa mezzi termini: "Le sirene non sono solo quegli esseri mitologici. Le sirene sono anche un segnale d’allarme. Scrissi questa canzone durante la guerra nei Balcani. Oggi non sono i Balcani, oggi è la Libia, oggi è la Siria. È l’Inghilterra che sceglie d’isolarsi anziché stare insieme. E è l’America che anziché accogliere alza muri...".
Sono oltre due ore di vertigini emotive, queste che abbiamo passato, prigionieri sereni, tra i lacci musicali di Carmen Consoli, che non si risparmia, non dà per scontata né la propria bravura, né la propria carriera, né l’affetto del pubblico. Cambia tre o quattro chitarre, che accarezza con le dita o graffia con il plettro, alternando la statura della cantautrice doc (sguardo fisso e intenso, immobile, concentrata sul peso da dare alle singole sillabe, come accade in “Sud Est”, “L’ultimo bacio”, “L’eccezione” o “Ottobre”) al nerbo della rockstar (la voce, agguerrita, si sporca, il ritmo del corpo cresce col suono, la chitarra sempre acustica sembra elettrica in “Fiori d’arancio”, “Venere”, “Contessa Miseria”), in un eclettismo tecnico e interpretativo che lascia davvero di stucco.
E, come se non bastasse, tra un tuffo lirico e un’emersione battagliera, la sirena Consoli sfodera anche gioco e irriverenza (“AAA Cercasi”), senza poi, ancora, dimenticare la propria terra d’origine. C’è anche il tempo, quindi, di ricordare la voce della palermitana Rosa Balistreri (“Bottana di to ma’”) e di intonare in siciliano “‘A finestra” – che è, tra le altre cose, anche un energico j’accuse contro la Mafia e le mafie.
È una sirena speciale, Carmen Consoli, metà donna e metà arte, che emerge dalla sua tana d’acqua e sale, di spartiti e appunti, solo quando ha qualcosa da cantare: parla poco, lei, non le serve persuadere. E quando parla, in chiusura di concerto, lo fa dicendo qualcosa che da una sirena (o da un‘big’ come si dice oggi) non t’aspetteresti mai: "Grazie, davvero: spero di essere sempre alla vostra altezza".

Foto: Auditorium Parco della Musica

Sacha Piersanti 06/03/2017

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