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Il cappio è tuo fratello: “La variante E.K.” al Teatro dell'Orologio

“Il surrealismo si fonda sull'idea di un grado di realtà superiore connesso a certe forme di associazione finora trascurate, sull'onnipotenza del sogno, sul gioco disinteressato del pensiero” (dal Manifesto del Surrealismo)

La morte ti fa ridere. No, non è il sequel del famoso film di Robert Zemeckis, ma la sintesi – spiccia, segue analisi – del primo episodio della trilogia “Niente di nuovo sotto il suolo”, “La variante E.K.”, che vede Luca Ruocco e Ivan Talarico in scena al Teatro dell’Orologio dal 12 al 17 gennaio.
Ironia nera, calembour, sfida onirica intrisa di esercizi di stile alla Ou.Li.Po e variazioni sceniche a metà tra surrealismo e teatro dell'assurdo. Il suicidio diventa il pretesto per dibattere, con sarcasmo, humor nero e cinismo, le fobie e i pregiudizi dell'uomo sulla morte, sulla vita, sulla religione. La non-narrazione del beffardo duo Ruocco-Talarico procede per quadri più o meno brevi, pennellate comiche che vanno dall'infanzia fino al compimento del (in)sano gesto. Forma definitiva di un embrione nato nel 2012 nei locali romani, “La Variante E.K.” gioca con gli spettatori e li porta in scena, torturandoli in una serrata sfida all'improvvisazione. Il ruolo del suicida è infatti interpretato da un astante, “decorato” con cappello magrittiano e cappio al collo.
Non c'è tempo, non c'è parete tra palco e realtà né luogo – come non ci sono musiche – ma una scenografia austera, riempita solo da uno sgabello e un tavolo con gli oggetti scenici di Stefania Onofrio. In una struttura vorticosa i ricordi del protagonista, dall'infanzia al rapporto con donne e famiglia (figure recuperate tra il pubblico), si aprono verso la libera associazione, il doppio e non-senso: ecco così che dalla passione giovanile del suicida per il west si arriva allo “spregevole” mondo dei cavalli; dai portatori di bara si passa ai portatori di bar, di biro, di bora, di baro, di barba, di bari. La “corda” del discorso si allarga anche alla satira politica e religiosa: strepitoso il quadro intitolato “La posizione della Chiesa sul suicidio”, in cui Talarico-Cristo-in-croce canzona il suicida, che perde sangue solo perché è un perdente e non ha ossa rotte, lui che non può battere le mani né muovere i piedi. Quadro comico che si fa beffe di un certo fanatismo, del discutibile senso del peccato e del pudore, e della disquisizione sulla differenza tra martirio e suicidio.
Se per struttura e filosofia lo spettacolo si radica su spunti bretoniani e beckettiani – dopo un'ora la storia riparte con variazioni sul tema, in una sorta di funereo gioco dell'oca – l'uso delle maschere, la modulazione della voce e la comicità sferzante dei due attori ricordano le creazioni del duo Rezza-Mastrella.
Con “La variante E.K.” i mattacchioni Ruocco e Talarico – ipnotico nella mimica facciale il primo, esilarante nel ghigno il secondo – decostruiscono lo schema drammaturgico tradizionale trasformando la morte in un delirio grottesco, demenziale, paradossale (come il nome della compagnia, Doppio Senso Unico) e destrutturano il linguaggio teatrale riducendo il filo del discorso a un cappio, simbolo di morte e incomunicabilità.

Daniele Sidonio 14/01/2016

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