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Il bordello di Circe, le calosce di Ulisse: l’Odissea di KHORA.teatro

Bloccato qui, solo su uno scoglio, piango la mia anima ospite. Il mare è una cintura di spine, che cinge la vita del giorno, che cinge il ritorno” (Vinicio Capossela, Calipso)

Da Omero a “Omeros”. KHORA.teatro rivisita l’Odissea in chiave contemporanea allo Spazio Diamante e lo fa aggrappandosi alle atmosfere della tragedia inglese e al filtro letterario dantesco e melvilliano, dipingendo un Odisseo marinaio peccatore, zimbello degli dei e della sua anima ospite. L’adattamento diretto da Vincenzo Manna e Daniele Muratore si rifà agli esametri di Derek Walcott: “Omeros”, scritto nel 1990 e premiato nel 1992 con il Nobel per la letteratura, trascrive parzialmente la vicenda di Ulisse e la trasla dall'Egeo all'Oceano Atlantico.
Gli stilemi della grande epica omerica si mescolano a un linguaggio avvolgente, creando una (a volte troppo) forte dissonanza con i luoghi del nostos odissiaco. Stridente oltremodo, ad esempio, l’accostamento tra lo sketch in dialetto partenopeo di Ulisse e il Ciclope e la toponomastica omerica, da Sparta a Itaca passando per l’isola Eea e la terra di Scheria, dimora dei Feaci.
Dalla telemachiade al nostos di Odisseo, la scena curata da Marta Crisolini Malatesta si muove, si restringe e si dilata – tra impalcature e cambi di costume repentini – insieme ai diversi personaggi. Operazione non facile, infatti, quella di coordinare così tanti attori in movimenti frenetici e a volte esagerati ma mai eccessivi, fuori dalle righe ma mai importuni. L’attesa di Telemaco e Penelope si tinge di rosso e si avvicina alla tragedia shakespeariana, dove i Proci guidati da Antinoo sono i membri della più volgare e boriosa upper class, in giacca cravatta e brillantina.
Da evidenziare la prova di Elisa Di Eusanio: il suo Polifemo “vetta di monte” è una bavosa signora in pelliccia, bendata e accompagnata da un lume, simbolo di un unico occhio accecante e accecato; la sua Circe è una maîtresse esuberante, l’isola di Eea il suo bordello. Qui le luci di Andrea Burgaretta e i suoni di Giacomo Vezzani si mescolano a creare un’intrigante atmosfera da locale a luci rosse, in cui i compagni del naufrago sono uomini-maiali in gabbia, votati al solo atto sessuale.
Jacopo Venturiero è un credibile Odisseo barbuto ed emaciato che, calosce a parte, molto ricorda la figura disegnata da Franco Piavoli nel suo lungometraggio “Nostos” (1990). Ma non solo. Le scene sulla nave e i dialoghi con Atena (Francesca Agostini) sembrano rifarsi all’Ulisse dantesco, condannato per la sua sete di conoscenza e per l’impenitente sfida nei confronti della guida divina, e all'Achab di Melville, altra anima in viaggio su un legno – in scena c'è una panca a simboleggiare la nave – sulla corona di spine di Poseidone.
L’attesa, l’inganno e il velo di Penelope cadono con il compimento del nostos di Odisseo, che ritrova la radice di ulivo su cui ha costruito il talamo nuziale. KHORA.teatro opera una rielaborazione rudimentale ma onesta, coraggiosa e degna del mito della radice, del viaggio, dell'uomo.

Daniele Sidonio 29/11/2015

 

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