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Roma in mostra. Luigi Serafini, un Leonardo Da Vinci dei tempi moderni

Luigi Serafini, classe 1949, è un artista italiano che ha avuto la fortuna di essere amato da intellettuali di formazione e estrazione diversa in tutto il mondo,  come da Italo Calvino che, come Roland Barthes, scrisse un saggio su una sua opera, o Giorgio Manganelli, Achille Bonito Oliva e Vittorio Sgarbi, fino ad arrivare all’eclettico Tim Burton. Uscito da architettura ha attraversato il mondo in lungo e in largo, raccogliendo collaborazioni ed esperienze con artisti celebri e celeberrimi; ha intrapreso la carriera di scultore, architetto, pittore, ceramista; è stato il creatore della locandina del film di Fellini “La voce della luna”; ha lavorato come scenografo per la Scala di Milano e per gli studi della RAI; ha pubblicato racconti con la Bompiani e la Fandango e numerosi articoli sui quotidiani italiani. Insomma, un artista a 360°, conosciuto in tutto il mondo per la sua enciclopedia “Codex Seraphinianus”, libro pubblicato per la prima volta nel 1981, scritto in una grafia indecifrabile e composto da circa 360 pagine illustrate.

“Serafhaus” è l’ultima personale di questo artista a tutto tondo, presentata nella Galleria d’Arte di Roma Lipanjepuntin: una sorta di viaggio nelle idee e nel laboratorio di una mente; dove un fornetto con dell’acqua che bolle è messo vicino a un manichino senza testa; dove un’immagine rinascimentale viene rielaborata al computer per ottenere una cascata di uova sode; dove la testa di un cervo argentata troneggia su una sala ricca di appunti di viaggio; dove una zolla di terra si staglia imperturbata fra i muri e i soffitti. Nella sua arte tutto diventa una fiaba, ciò che di malvagio ci colpisce e ci atterra viene rivisitato e rivissuto, viene ripensato in un’ottica nuova e lontana dalle idiosincrasie dell’oggi.

 

 

(Laura Belloni)

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