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Operation Chromite: recensione del war movie con Liam Neeson

L'ultima volta che un film economicamente rivelante ha raccontato i momenti chiave della Guerra in Corea era il 1982: parliamo di Inchon, pellicola di Terence Young passata alla storia come flop spettacolare. L'investimento iniziale di 45 milioni di dollari ha portato 5 miseri milioni al botteghino e ha fatto guadagnare al film ben 4 Razzie Awards (gli Oscar della pessima cinematografia), come peggior film, peggior regista, peggior sceneggiatura e peggior attore. Quest'ultimo è toccato a Laurence Olivier nel ruolo del Generale DouglasOperationchromite2 MacArthur. Operation Chromite – che prende il titolo dall'operazione che ha cambiato le sorti della guerra – sfida ogni previsione e ogni precedente rivisitando l'argomento. Questa volta dietro la macchina da presa c'è John H. Lee: ci troviamo nel giugno 1950 e la Corea del Nord invade la Corea del Sud con l'aiuto di Russia e Cina. Lo scontro si trasforma immediatamente in una guerra tra comunismo e capitalismo quando a difendere gli invasi intervengono gli Stati Uniti, rappresentati dal Comandante delle forze ONU, il Generale MacArthur che, per vincere il conflitto, ordisce un piano con pochissime probabilità di successo: non devono fare altro che assicurarsi il porto di Incheon e lo faranno attraverso l'operazione Chromite. Sotto la sua guida, nasce l'unità segreta X-Ray: 7 soldati che si infiltrano nel comando Nord-coreano per preparare lo sbarco. Sono loro l'ultima possibilità di vittoria e di Operationchromite3liberazione per un Paese ormai sotto scacco. Il film si apre e si chiude ricordando allo spettatore che il tutto è ispirato ad eventi reali. Nel mezzo assistiamo ad una vera e propria caccia del gatto al topo tra il leader della missione (Lee Jung-jae) e il diabolico comandante Nord-coreano (Lee Bum-soo). E MacArthur? Ad impersonare il Generale (con tanto di pipa) c'è Liam Neeson, alle prese con dialoghi legnosi e sequenze eccessivamente sentimentali. L'impressione è di avere a che fare con un war movie vecchio stile, mischiato con le tinte esplosive e adrenaliniche del moderno blockbuster, ma – nonostante Operation Chromite sia stato un successo al botteghino Sud-coreano con un guadagno di circa 48 milioni di dollari – non è certo che possa avere lo stesso successo in Occidente. Le sequenze d'azione sono caratterizzate dalla tipica esagerazione del cinema asiatico (intrattenimento perfetto, certo, ma che a lungo andare stanca), così come i momenti puramente drammatici che giocano su un'emotività che non sempre ci appartiene. I dialoghi, come già anticipato, non sono quasi mai credibili e capita che ci spingano ad alzare gli occhi al cielo. La stessa presenza di Neeson non convince: la sua caratterizzazione del personaggio è eccessiva (per quanto, forse, non restano molte alternative se si ha a che fare con un elemento tanto appartenente alla storia di un Paese) e si ha l'impressione che il suo coinvolgimento serva solamente ad accaparrarsi una fetta di pubblico occidentale. Quindi è tutto da nuttare? Assolutamente no. L'azione c'è, il dramma pure, la guerra non manca. Persino l'accuratezza storica degli eventi potrebbe rivelarsi azzeccata, ma il dubbio è che il futuro del film nelle nostre sale potrebbe non essere poi tanto roseo.

Viola Barbisotti 17/07/2017

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