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“Dove cadono le ombre”: l'esperimento (poco) riuscito di Valentina Pedicini

In Svizzera tra il 1926 e il 1986 la Pro Juventute, associazione a carattere filantropico, ha sottratto 2000 bambini alle famiglie di etnia jenisch (etnia rom di origine germanica) con l'obiettivo di mettere fine al nomadismo e castrare, rieducare e condurre esperimenti scientifici sui bambini: il programma Kinder der Landstrasse. DoveCadono03Una storia vera che la vittima e scrittrice Mariella Mehr decide di trasformare in letteratura e la regista Valentina Pedicini, anni dopo, di trasporre in pellicola. A capo del progetto di eugenetica c'è Gertrud (E.Cotta), tra i bambini dell'orfanotrofio ci sono invece Anna (F.Rosellini) e Hans (J.Vagni) che, a più di vent'anni di distanza, si ritrovano a lavorare come infermiera e assistente nello stesso stabile, ormai divenuto casa di riposo. Dal passato riemerge l'ormai anziana Gertrud, ora ospite della casa di riposo, e il nastro dell'orrore sembra riavvolgersi. Tra il ricordo di atroci torture e il presente dai contorni sempre più confusi, l'istituto assume le sembianze del crudele ricovero che era stato, ma questa volta la mano con il bastone è quella di Anna.
Dopo essersi confrontata con le tensioni operaie nelle miniere di carbone sarde in “Dal profondo” (2012), che le vale il Premio Solinas 2011, Valentina Pedicini rispolvera una vicenda che non molti, al di fuori dei confini elvetici, conoscono: le torture ai bambini di origine jenisch. A completare l'opera di trasposizione di fatti reali in cinema c'è Federica Rosellini che, calata a perfezione nella parte di Anna, personaggio dal passato tormentato e lo sguardo impenetrabile, presenta una recitazione febbrile e affettata, quasi teatrale.
Tra gli austeri ambienti dell'ex-orfanotrofio, ora casa di riposo, si dipana un thriller psicanalitico con elementi di horror metafisico e cinema di denuncia, dove la realtà della protagonista affiora pian piano in superficie, lasciando che presente e passato si confondano in un intimo groviglio di rabbia e paure. Ma tra vasche ghiacciate, caramelle e partite a poker, “Dove cadono le ombre” riserva un ruolo centrale anche al tema della vecchiaia, alle colpe insondabili, al decadimento psico-fisico di cui sono vittima i corpi flagellati dai segni del tempo. “Quello che non sopporto della vecchiaia”, dice Gertrud fissando nel vuoto dello stanzone mentre il fumo blu della sigaretta piroetta alle sue spalle, “è che diventi un corpo indistinto; entri in un blocco unico, la vecchiaia”.
Ma delle buone interpretazioni e qualche battuta ben scritta non salvano un film dalla staticità di cui è vittima: la regista sembra voler dialogare con la storia, ma le inquadrature lunghe e pensose, unite a personaggi dai caratteri spesso troppo ingessati, non riescono a dissipare la sensazione di un film dal forte valore estetico più che significativo. Realistico e metafisico, storico e fantastico, “Dove cadono le ombre” è un film dalle due anime che appare troppo intento a comunicare cosa vorrebbe essere per poter davvero suscitare emozioni nello spettatore.

Riccardo Bassetti 07/09/2017

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